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(Nando Cianci)
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Scuolaslow è una piazza nella quale incontrarsi, discutere, raccontare le riflessioni, le esperienze, le pratiche intrecciate con l'idea di una scuola slow, vale a dire sottratta...
Come sopravvivere ai compiti delle vacanze
di NANDO CIANCI
Ad ogni inizio estate, puntuale come il secolare dibattito sulle diete, si riapre il tormentone sull’utilità o meno dei compiti per le vacanze. Un anno ci viene spiegato che è meglio tralasciarli per non infliggere supplementi di stress ai nostri ragazzi; l'anno dopo pare che siano utili a mantenere salda la concentrazione ed evitare che le conoscenze acquisite durante le lezioni evaporino al solleone.
I fautori di tutte e due le tesi, s’intende, hanno le loro buone ragioni e sono mossi dalla comune lodevole intenzione di far crescere equilibratamente i nostri giovani. Ma entrambi partono da un presupposto sbagliato: si riferiscono ad un alunno “tipo”, ad un modello di alunno, che ha il solo torto di non avere riscontro nella realtà: l’alunno “medio” è come il buon selvaggio, a proposito del quale Rousseau, che pur lo vagheggiava, diceva che non esiste, non è mai esistito e forse non esisterà mai.
Non esiste “l’alunno”, esistono “gli” alunni, ognuno con la sua peculiare personalità in formazione, la sua storia psicologica e didattica, il bagaglio di conoscenze con le quali si è congedato dall’anno scolastico. Saggezza vorrebbe, perciò, che scuola e famiglia abbandonassero i dibattiti, un tantino ideologici, sul valore e sull’utilità in sé dei compiti durante le vacanze e si concentrassero sulle persone. C’è il ragazzo che si è impegnato rigorosamente per tutti i nove mesi di scuola, al quale un po’ di svago per ricaricare le batterie faranno certo bene. Magari accompagnandolo con qualche bella lettura “disinteressata”, di quelle cioè che poi non bisogna riassumere né commentare per il professore. C’è il secchione che non ha conosciuto altro che compiti ed esercitazioni, per il quale è consigliabile un bel periodo di pancia al sole e qualche serata in discoteca (senza tralasciare letture in libertà e attività fisica): assaporare lati diversi della vita fa bene alla crescita. C’è chi ha tirato a campare per stiracchiare il risultato minimo per la promozione, per il quale è bene utilizzare l’estate per capire che la scuola serve ad arricchire la propria dimensione umana e culturale, non semplicemente a conseguire un qualche “pezzo di carta”: un programma ben misurato di studio e letture che aprano la mente farebbero alla bisogna. C’è chi, durante l’anno, si è totalmente disinteressato di ogni argomento di lezione: due ore di studio e quattro di impegnativo lavoro manuale ogni giorno potrebbero rivelarsi una buona medicina.
Si potrebbe proseguire, perché assai vario è il campionario umano degli studenti, non dimenticando che anche quelle sin qui esposte, sono a loro modo, delle generalizzazioni esemplificative. L’importante è stare alla larga da alcuni errori ricorrenti. Per la scuola: rifuggire dalle decisioni drastiche e inefficaci, per le quali si sceglie –per tutti gli studenti- un carico uguale di compiti o la loro totale esclusione. Per la famiglia: evitare di fare i “genitori-elicottero”, perennemente in perlustrazione per scoprire e rimuovere qualunque ostacolo, anche minimo, e qualunque fatica, anche lieve, che si prospettino sulla strada dei figli. Lasciamo che i ragazzi seguano il lento percorso con il quale debbono imparare a “liberarsi” dalla dipendenza dagli adulti. E, quando il dubbio sui compiti sì o compiti no ci appare insolubile, seguiamo la via della saggezza e ricordiamo che un buon esercizio di grammatica o di matematica, un bel solfeggio, una lettura di scienze (purché in modiche dosi commisurate ai disagi dell’afa), oltre alla vitale attività fisica, sono passatempi che fanno comunque più bene dell’ingozzarsi di patatine in sacchetti e di bevande gassate. Fanno bene alla mente e al corpo, cioè a tutta la persona.
(il centro, prima pagina, 26 giugno 2013)