Statistiche

2282303
Tot. visite contenuti
2282303

Cerca

Newsletter

Iscriviti al servizio newsletter di Scuolaslow!

Novità

Scuola Slow è anche su Twitter (https://twitter.com/Scuolaslow) e su Facebook (https://www.facebook.com/scuola.slow)Twitter  Facebook

 

La scuola serve a vivere meglio, non a produrre di più
(Nando Cianci)

Cos'è Scuolaslow

Scuolaslow è una piazza nella quale incontrarsi, discutere, raccontare le riflessioni, le esperienze, le pratiche intrecciate con l'idea di una scuola slow, vale a dire sottratta...

LEGGI TUTTO >>>

Condividi

CRISI SENZA FINESaggio sull'esperienza moderna del tempo
di Myriam Revault d'Allonnes

ObarraO, Milano, pp. 180, € 15,00

Il libro: Pubblicato dall’editore Seuil in Francia nel 2012, questo libro ha subito suscitato un dibattito assai vivo ed interessante, che si è esteso anche da noi con la sua pubblicazione in italiano da parte di ObarraO, che così lo presenta:
«Il presente sembra pervaso da una crisi generalizzata, svuotata del suo senso originario. Il greco krisis indicava il momento decisivo che consentiva di formulare una diagnosi e trovare la via d'uscita: un processo che si inscriveva e si sviluppava in un arco temporale definito. Oggi la crisi è marcata dal sigillo dell'indecidibile e della permanenza. Un ribaltamento che testimonia, secondo l'autrice, un cambiamento significativo del rapporto con il tempo. Il saggio ripercorre il pensiero moderno della temporalità e della storicità attraverso un excursus che da Weber, Rousseau, Marx giunge a Kundera, Levinas e Arendt ed evidenzia il processo di dissoluzione dei punti di riferimento che ha condotto alla triplice crisi: dei fondamenti, della normatività e dell'identità. Con il venir meno della certezza è decaduta anche l'idea del futuro come campo d'azione per le iniziative degli individui. La posta in gioco non è solo teorica, ma di ordine esistenziale, riguarda la posizione che l'uomo accorda a se stesso nella realtà, il modo in cui percepisce la sua esistenza nel mondo».

A testimonianza dell’interesse, che sin dalla sua prima uscita in Francia, ha accompagnato il libro, un’intervista all’autrice, condotta da Fabio Gambaro,pubblicata da la Repubblica nel novembre 2012, che qui riproponiamo:

PARIGI -"Oggi abbiamo tutti la sensazione di vivere una crisi senza fine. Ma una crisi che non finisce mai non è più una crisi. Diventa il sintomo di qualcos'altro". Proprio a questa crisi onnipresente e inamovibile che sembra diventata "la trama della nostra esistenza", la filosofa Myriam Revault d'Allonnes ha appena dedicato un corposo saggio,La crise sans fin (Seuil, pagg. 197, euro 19,50), che in Francia sta suscitando moltissimo interesse. Ripercorrendo storicamente l'idea di crisi, la studiosa francese ne propone una lettura originale in relazione con la nostra percezione del tempo e del futuro. Una prospettiva che le permette di affrontare la questione, sfuggendo ad ogni disfattismo rinunciatario. "La società occidentale vive da tempo al ritmo di una crisi globale che colpisce l'economia e la cultura, l'ambiente e l'educazione", spiega Myriam Revault d'Allonnes, che insegna filosofia politica a Parigi, all'Ecole Pratique des Hautes Etudes e a Sciences Po. "Ma se oggi ne percepiamo tutta la vastità e l'oppressione è perché siamo particolarmente sensibili a una crisi economica che si prolunga nel tempo. Proprio perché valutiamo tutto attraverso le categorie dell'economia, abbiamo l'impressione di una crisi acuta e generalizzata. Da anni si parla della crisi della famiglia o della coppia, ma ciò non ha mai fatto presa sulla sensibilità collettiva".

Lei però sottolinea che si usa la parola crisi in modo improprio. Perché?
"C'è stato un vero e proprio rovesciamento del suo significato originario. I greci utilizzavano la parola krisis soprattutto in ambito medico per indicare una situazione estrema limitata nel tempo. Nella crisi è implicito il suo superamento. Alla fase acuta della malattia segue la guarigione o la morte. Inoltre, grazie alla crisi si esce dall'incertezza, si decide una strategia e s'individua una via d'uscita. Oggi però la crisi ci sembra permanente. E' onnipresente, invasiva e continua. E si è incapaci di decidere una strategia d'uscita. A forza di parlarne, è venuto meno ogni esercizio critico sul suo statuto e sulle sue caratteristiche. Insomma, quella che era un'eccezione è diventata la norma".

Una crisi senza fine è ancora una crisi o diventa qualcos'altro?
"Questa impressione di crisi diffusa a cui non sappiamo sottrarci  è una metafora della condizione dell'uomo contemporaneo che rivela soprattutto la trasformazione della nostra relazione con il tempo e la nostra incapacità di pensare il futuro. Nella modernità, la crisi era una tappa nella realizzazione di un divenire caratterizzato dall'idea di progresso. Per Hegel, Marx e i teorici della economia politica, è una fase critica da superare in direzione di un futuro migliore. Oggi, se la crisi è percepita come insuperabile è perché è venuta meno l'idea di futuro. La nostra visione dell'avvenire è infatti incerta, non prefigurabile. Fino agli anni Ottanta avevamo ancora una prospettiva. La fine del lungo boom economico del dopoguerra e il crollo del muro di Berlino hanno però segnato la fine delle speranze secolari. Simbolicamente, per l'uomo occidentale è emerso come ha scritto Lévinas - un tempo senza promesse. Secondo me, questa è la chiave per capire la nostra situazione".

Un tempo senza futuro modifica anche la relazione con il presente?
"Il presente appare come dilatato all'infinito, invade tutto. Oltre al futuro, scompare anche il passato, dato che sembra impossibile fare ricorso alla tradizione. Ma oltre ad essere dilatato all'infinito, il presente non ha più significato, sembra non dirci più nulla e soprattutto ci sembra immobile".

Le trasformazioni tecnologiche non sembrano indicare un movimento continuo?
"E' solo un effetto ottico. In realtà, questa accelerazione frenetica gira a vuoto senza produrre cambiamenti reali nelle nostre vite. Per Virilio ci troviamo in una situazione d'immobilità folgorante. La famosa frase del Gattopardo, occorre che tutto cambi perché tutto rimanga com'è, riassume molto bene la percezione che abbiamo della situazione".

All'epoca dell'Illuminismo, l'idea di crisi era legata al cambiamento. Oggi non è più così. Perché?
"L'inquietudine della modernità fa da sfondo all'attuale situazione di crisi. L'uomo senza più le garanzie offerte dalle trascendenze del passato, cerca di costruirsi delle nuove prospettive, che però non hanno più nulla di definitivo e certo. Da qui la situazione d'incertezza che alimenta la sensazione di una minaccia incombente. L'inquietudine e l'incertezza naturalmente possono alimentare lo spirito critico, ma anche - come avviene oggi  -  un sentimento di abbandono e d'impotenza di fronte alla catastrofe imminente. Come se né gli individui né le società avessero più le risorse per tentare di resistere al declino".

Lei riprende la metafora dell'uomo in gabbia proposta da Max Weber...
"In effetti, una gabbia d'acciaio, che però non è solo il risultato delle costrizioni esterne che pesano sull'uomo, ma anche delle costrizioni che ciascuno impone a se stesso per adattarsi a tale situazione. Più o meno consciamente ogni individuo partecipa alla costruzione della gabbia in cui sta chiuso".

Per alcuni questa condizione d'imprigionamento senza futuro rappresenta la fine della storia e della politica. Anche per lei?
"No. Il leitmotiv della fine secondo me è controproducente. Preferisco ricordare Hannah Arendt che, alla metafora della gabbia, contrappone la metafora della breccia. E' un approccio non necessariamente più confortevole, ma certamente più produttivo. La breccia, oltre a indicare la rottura con la tradizione, spiega la condizione esistenziale e antropologica di un uomo che, anche quando smarrisce i propri punti di riferimento, non perde la facoltà di pensare e la capacità d'iniziativa. In questa prospettiva, la crisi può spingere a proiettarci in avanti alla ricerca di un nuovo inizio. Ritrovando il suo significato originario, la crisi ditrarci
venta allora occasione di cambiamento".

Nella pratica, di fronte alla crisi, cosa si può fare?
"Innanzitutto, recuperare il senso critico per sottrarci alla gabbia che noi stessi abbiamo contribuito a costruire. Dobbiamo fare un lavoro critico su noi stessi, ma anche valorizzare le capacità della società democratica di sottrarsi all'immobilismo. Nella dinamica democratica c'è sempre qualcosa che ci permette di non considerarci condannati alla sconfitta".

Sul piano individuale, cosa può significare la metafora della breccia?
"Significa che l'individuo deve saper reinventare la propria relazione con il tempo, il futuro e l'incertezza. Naturalmente è molto difficile, specie nell'attuale situazione economica. Non è facile domandare a un lavoratore precario di ripensare il suo rapporto con un avvenire incerto. E non si tratta di vantare il fascino della precarietà o della flessibilità. E' però necessario che il futuro sia pensato in modo diverso. Per gli individui come per le società occorre sapersi orientare nell'azione anche senza garanzie. Una società non deve per forza sapere quale sarà il suo avvenire per cercare di costruirlo. Lo stesso vale per gli individui, che dovrebbero riuscire a conquistare quella che Kundera chiama la saggezza dell'incertezza. Accettare l'incertezza non significa rassegnarsi alla precarietà, ma provare ad affrontare in modo diverso la realtà. Insomma, la crisi infinita non è la fine di tutto, ma un compito infinito che rifiuta la fatalità".

L’incipit: Il nostro presente è invaso dalla crisi: a nessuno verrebbe in mente di negarlo. Ma la constatazione della sua onnipresenza non ci dice cosa dobbiamo intendere con “crisi”; né le conferisce alcun contenuto immediatamente identificabile. Al contrario. Oggi non parliamo più delle crisi –singolarità plurali legate ad ambiti specifici– ma della crisi: singolare collettivo che ingloba registri completamente differenti, come l’economia, la finanza, la politica, la cultura, i valori, l’autorità, l’educazione, la gioventù o la famiglia. Tale generalizzazione, che conduce a una nozione falsamente aggregante, pone subito un problema epistemologico: ci sono le basi per unificare sotto uno stesso concetto o una stessa nozione delle caratteristiche appartenenti a domini tanto diversi? E qual è lo statuto di questa “crisi” che, lungi dal limitarsi alla sfera economica e finanziaria, ha raggiunto quasi tutti gli ambiti dell’esistenza e dell’attività umana? […]
Ora, generalizzandosi a tal punto da sembrare funzionare come un “fatto sociale totale” (…), la crisi si è svuotata del suo senso originale. La parola greca
krisis indica il giudizio, la selezione, la separazione, la decisione: indica il momento decisivo, nell’evoluzione di un processo incerto, che permetterla diagnosi, il pronostico ed eventualmente l’uscita dalla crisi. Al contrario, la crisi sembra oggi marchiata dal sigillo dell’indecisione, o meglio, dell’indecidibile. Quel che proviamo, nel nostro periodo di crisi, è che non c’è più nulla da risolvere, nulla da decidere, poiché la crisi è diventata permanente. Non ne vediamo l’uscita.
Così dilatata, essa è al contempo il luogo e la norma della nostra esistenza. Ma una crisi permanente è ancora una crisi?

L’autrice: Myriam Revault d’Allonnes è professore ordinario di Filosofia politica all’ École pratique del hautes études. Fra le sue opere, tutte pubblicate da Seuil,  Le Pouvoir de commencement. Essai sur l’autorité (2006), L’Homme compassionel (2008) e Pourquoi nous n’aimons pas la démocratie (2010).

Condividi

A passo d'uomo

Parole al vento

VECCHIAIA

di NANDO CIANCI

La parabola della parola "vecchiaia": da evocatrice di saggezza e rispetto a termine da nascondere e negare- La vuota retorica "del nuovo"

Grande studio (ambizione) degli uomini mentre sono immaturi, è di  parere uomini fatti, e quando sono uomini fatti, di parere immaturi.   
 
(G. Leopardi, Zibaldone, 16. Settem. 1832).

Leggi tutto...
PUNTATE PRECEDENTI

Magnanimità
Gradimento 
Flauto 
Curiosità 
Tablet ai lattanti 
Fannulloni 
E allora? 
Penelope e 'a carogna 
Stare in fila
Truccati per la competizione  
La rivincita del somaro 
Psicofarmaci ai bambini 
Asfaltare l'avversario

Libri lenti

VIANDANTI E NAVIGANTI. EDUCARE ALLA LENTEZZA AL TEMPO DI INTERNET

                                                   COPERTINA COPIA LAVORO

 di Nando Cianci

Youcanprint, Tricase pp. 120, € 10,00

Leggi tutto...
SLOW SCHOOL

RITSCHERdi Penny Ritscher, Giunti, Firenze, pp. 144, € 10,00

Leggi tutto...
LAVORARE CON LENTEZZA

LAVORARE_LENTEZZA

di Bruno Contigiani, Dalai Editore, Milano, pp. 112,      € 13,00

Leggi tutto...
GIOVENTU' SCIPPATA
copertina_libro
 
di Nando Cianci                  (con presentazione di Carlo Sini),Teaternum, pp. 160, € 10,00
Leggi tutto...
LA PEDAGOGIA DELLA LUMACA

PedagogiaLumaca 1

   di Gianfranco Zavalloni, EMI, Bologna, pp. 153, € 12,00

Leggi tutto...
ELOGIO DELL'EDUCAZIONE LENTA

FRANCESCH

di Joan D. Francesch        La Scuola, Brescia,                 pp.192, € 9,50

Leggi tutto...
L'EDUCAZIONE NON E' FINITA

di Duccio Demetrio
RaffaelloCortina Editore, pp. 155, € 11

Leggi tutto...