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La scuola serve a vivere meglio, non a produrre di più
(Nando Cianci)

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A TAVOLAAA.VV., A tavola, (a cura di Andrea Mattacheo), Einaudi, Torino, pp. 288, €  16,00

 

Il libro: A tavola ci si siede per mangiare. A tavola però può capitare anche di innamorarsi o di litigare. Di rivelare a qualcuno i nostri segreti più intimi. E di trovare conforto. Il profumo di un dolce può aprire la porta del mondo dei ricordi. E di fronte a una bottiglia di vino capita che si confessi la verità. I grandi scrittori sanno bene che molte delle cose davvero importanti spesso accadono mentre ci stanno servendo un piatto, o quando una teglia esce fumante dal forno. Da Čechov e le sue ostriche alla torta di zucca di Charles D'Ambrosio, passando per il gourmand cannibale di Pessoa e il pugile affamato di Jack London. Diciotto racconti, diciotto portate di un ricco menù letterario che soddisferà le esigenze di ogni palato goloso di storie.

 

L’incipit: M.F.K. Fisher, che ha scritto dei piaceri del cibo e del vino meglio di chiunque altro nel secolo scorso, racconta di una figura semiapocrifa che abitava l’immaginario si sua madre, forse una ragazza del sud conosciuta in collegio, il cui peccato capitale consisteva nel non essere capace di bollire l’acqua. Certo far bollire l’acqua, comme il faut, ci spiega poi Mary Frances, è una faccenda complicata: sarebbe meglio sgorgasse puta da una sorgente ed esiste un unico momento in cui è au point, prima non ha raggiunto la temperatura giusta, dopodiché è troppo cotta, proprio come una bistecca o una crêpe suzette. Ma per sua madre, donna d’altri tempi, saper bollire l’acqua era una soglia d’accesso alla realtà, un’attestazione di senso pratico fondamentale per abitare in maniera consapevole il mondo. E per prendersi cura degli altri. Tanto che alla frase «Quella non sapeva neppure far bollire l’acqua» seguiva immancabilmente «Prima di prendere marito». Chi era in grado di farlo poteva provvedere al più elementare dei bisogni: nell’America ormai civilizzata, mettere in tavola un pasto era l’equivalente di ciò che per Jack London significava accendere un fuoco nella natura selvaggia.
   Oggi a bollire l’acqua siamo più o meno tutti capaci, ma sembriamo averne un po’ smarrito il senso. C’è chi usa rigorosamente il roner e cuoce solo sottovuoto e a bassa temperatura, oppure chi preferisce consumare ogni cosa cruda, al massimo centrifugata. Ci aggiriamo confusi tra quelli che non possono fare più a meno di impiattare - parola che l’Accademia della Crusca sembra rassegnata ad accettare ma il correttore automatico di Microsoft no – e quelli che pur di vivere un po’ più a lungo sono disposti a credere al detox e a dimenticare di avere un corpo. E forse allora la letteratura può aiutarci a dare il giusto peso all’acqua che si mette sul fuoco. Perché quel fluido incolore, inodore e trasparente, costituito sa due atomi di idrogeno e uno di ossigeno, non resta mai a bollire invano, attende che ci si butti dentro qualcosa: una pasta, ciò che serve per un brodo, anche soltanto un uovo. E poi, poco importa che sia stata au point, arriva il tempo in cui si mangia: da soli o in compagnia, felici o tristi, in silenzio o tra il vociare dei commensali. Davanti al cibo, al vino e agli spiriti ala fine si trovano sempre gli uomini. Con la fame degli animali che devono nutrirsi per restare in vita e con quel desiderio che soltanto la società infonde e che non può essere represso. Istinto di sopravvivenza e desiderio. Ecco perché la letteratura si accomoda volentieri intorno a un tavolo.

Gli autori: Il libro è a cura di Andrea Mattacheo. Vi compaiono scritti di Katherine Mansfield, Allexandre Dumas, AntonPavlovič Čechov, Anthelme Brillat-Savarib, Jerome K. Jerome, Raymond Carver, Damon Runyon, Charles D’Ambrosio, Pier Vittorio Tondelli, Horacio Quiroga, Sherwood Anderson, Edgar Allan Poe, Jack London, Charles Lamb, Isaak Babel’, Luigi Pirandello, Fernado Pessoa, Honoré de Balzac.

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