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La scuola serve a vivere meglio, non a produrre di più
(Nando Cianci)
Cos'è Scuolaslow
Scuolaslow è una piazza nella quale incontrarsi, discutere, raccontare le riflessioni, le esperienze, le pratiche intrecciate con l'idea di una scuola slow, vale a dire sottratta...
di Jonathan Drori, illustrazioni di Lucille Clerc, L’ippocampo, Milano, pp. 244, € 19,90.
Il libro: Un’idea singolare ma, è il caso di dirlo, fruttuosa. Salire idealmente in cima agli alberi per viaggiare con essi nella storia, nella geografia e nelle culture umane. È l’idea di Jonathan Drori, che partendo dai platani della sua Inghilterra ci conduce attraversi i continenti prendendo lo spunto dalle caratteristiche degli alberi per raccontarci curiosità, aneddoti, brani di storia. Oltre che, naturalmente, per informarci sulle caratteristiche delle piante esaminate. Il tutto riunito in una bella pubblicazione che, in Italia, dobbiamo all’editore L’ippocampo.
Scopriamo, così, che «Venezia era inizialmente impiantata su pilastri di ontano», che la lungimiranza degli abitanti dell’epoca impiantò a Londra platani che resistevano agli affronti inquinanti della rivoluzione industriale e che, in parte, fanno ancora bella mostra di sé (e svolgono la loro funzione di pulizia dell’aria) nella capitale inglese, che gli olandesi salvaguardano con cure certosine i loro olmi, che il castagno è il simbolo della resistenza dei corsi alle avversità, che il pepe di Sichuan svolge una funzione di polizia ambientale, proteggendo le piantine di riso dai danni dei diserbanti. E scopriamo tante altre cose contenute in questo libro che è una vera e propria miniera di informazioni che, come già detto, si fonda sulla botanica ma spazia in tanti altri aspetti delle culture umane. Nella musica ad esempio: per i loro famosi violini Stradivari e Guarneri usavano l’abete rosso proveniente dalle Alpi italiane. E poi nella geografia, dove scopriamo l’influenza delle piante nella scelta dei nomi di territori e nazioni; nella religione, con l’emergere di un inaspettato rapporto di alcune piante con le “illuminazioni” tipiche di alcune pratiche orientali.
Un libro, come si intuisce da questi brevi cenni, adatto a tutti i lettori, non solo a quelli appassionati di botanica. Scritto con chiarezza, piacevole da leggere e con belle illustrazioni di Lucille Clerc. Insomma: una lettura tutta da gustare.
Il risvolto: Vitali compagni dell’uomo, gli alberi colpiscono per la loro diversità. Dal sacro baniano dell'India al profumato cedro del Libano, essi offrono rifugio e ispirazione, oltre alle materie prime per fabbricare di tutto, dall'aspirina alle capsule spaziali. Ne Il giro del mondo in 80 alberi, Jonathan Drori viaggia nel tempo e attraverso le culture avvalendosi delle conoscenze botaniche più attuali per illustrare il ruolo che da sempre svolgono gli alberi in ogni aspetto della nostra vita.
Ciascuna di queste storie, strane ma vere, popolate di monaci che si automummificano, capre che si arrampicano sugli alberi e noci radioattive, è illustrata dalle tavole botaniche di Lucille Clerc, che accompagnano il lettore in un viaggio tanto avvincente quanto istruttivo.
I racconti spaziano dai dettagli romantici a quelli incresciosi, illuminando le relazioni storiche tra la gente e le specie apparentemente familiari, come olmo e faggio, mentre altri sottolineano l'esotico e lo straordinario, come l'esplosivo albero dinamite o la singolare pianta della Polinesia che raccoglie metallo.
L’incipit: Sono cresciuto nei pressi dei Kew Gardens, i giardini botanici reali alle porte di Londra: I miei genitori, papà ingegnere e mamma logopedista, condividevano la passione per la botanica e trasmisero a mio fratello e a me l’amore per la bellezza e le piante. Quest’albero veniva usato per un veleno mortale, quello per il cioccolato, quell’altro per isolare i cavi di comunicazione che attraversano la Terra… Ecco una specie con i fiori che cambiano colore quando vengono impollinati… Usavamo tutti i nostri sensi: leccare il lattice di un papavero da oppio ci divertiva quanto vedere la faccia degli amici di famiglia quando lo raccontavamo. Ogni storia di pianta faceva parte di un’altra, più complessa, sugli animali o sugli uomini. Appresi gli orrori della schiavitù quando mio padre mi diede un pezzettino di Dieffenbachia, conosciuta negli Stati Uniti come «bastone muto» per l’effetto che produceva sulla lingua e sulla gola degli schiavi che lavoravano nelle piantagioni, quando si lamentavano un po’ troppo della loro sorte. Quelle visite mi lasciarono un interesse destinato a durare, per le piante e per le loro relazioni con le persone. Con il tempo imparai a riconoscere i diversi alberi anche se nessuno mi aveva mai spiegato cosa fosse realmente un albero.
L’autore: Ambasciatore del WF, Jonathan Drori è stato per nove anni amministratore fiduciario dei Rojal Botanic gardens di Kew e del Woodland Trust.