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Scuolaslow è una piazza nella quale incontrarsi, discutere, raccontare le riflessioni, le esperienze, le pratiche intrecciate con l'idea di una scuola slow, vale a dire sottratta...

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BATTAGLIE MEDIEVALIAldo A. SettiaBattaglie medievali, il Mulino, Bologna, 2020, pp. 358, € 25,00

 Come si combatteva nel Medioevo? Il libro ci offre un panorama vivido delle battaglie medievali nelle loro diverse fasi: prima la mobilitazione delle forze, i preparativi logistici e le speculazioni astrologiche, la marcia verso il nemico, le liturgie sacre e profane, l’organizzazione delle schiere di combattimento, l’allocuzione del comandante, persino il ricorso a eccitanti. Poi, arrivati al nemico, il comportamento dei combattenti: la paura e il coraggio, la vergogna della fuga, i condizionamenti dell’ambiente tra fiumi, foreste e paludi. Quindi il cuore della battaglia: le tecniche di combattimento di cavalieri e fanti, la stanchezza fisica e il peso della corazza, l’ecatombe dei cavalli, l’influenza degli elementi naturali e il paesaggio sonoro, il ruolo delle insegne, i carri sul campo. Dopo lo scontro, la spartizione della preda, la sorte dei prigionieri e dei caduti, le battaglie nel ricordo delle persone e nei monumenti celebrativi.

Uscimmo contro di loro nel luogo detto Sant’Ansano a Dòfana, con la nostra potentissima cavalleria, nella cui probità per esperienza confidiamo. Qui, esaminato diligentemente il rischio del momento con il consiglio degli esperti, ordinammo a battaglia con somma cura le schiere dei nostri. Mentre i nemici si avvicinavano spiegammo le bandiere di combattimento del re, e quando essi le scorsero, forse credendo di sconfiggerci con la sola voce, subito sollevarono un immenso clamore: «Pija! Pija!» gridavano tutti insieme.
Da una relazione sulla battaglia di Montaperti inviata da fuorusciti fiorentini al re di Sicilia Manfredi (1260)

 

Recensioni: (…) nel farsi un’idea della realtà di un fatto d’armi, visto dalla prospettiva dei partecipanti, Settia non trascura gli aspetti tecnico-tattici, l’habitat in cui si gli eventi si sono svolti e l’organizzazione degli eserciti che si sono sfidati. Un lavoro aneddotico e antologico allo stesso tempo, volto a capire come gli uomini si siano comportati prima, durante e dopo la battaglia.
Si guarda alle sole terrestri, in campo aperto, in massima parte in Italia, ma che vedevano coinvolti eserciti stranieri: arabi, normanni, tedeschi, francesi, iberici e così via. Non si dimentichi che l’arte militare italiana del Rinascimento impartiva lezioni a tutta Europa. Nell’età comunale, la società urbana italiana è stata una comunità militarizzata.
Condivisibile la scelta di non fornire dati sul numero dei combattenti: nelle fonti medievali quei riferimenti sono in genere inaffidabili: generici, incerti, incompleti. Lo stesso vale per le perdite (morti, feriti, prigionieri), indeterminate e indeterminabili. Ma, in genere, gli eserciti dell’epoca non potevano essere numerosi, a causa della frammentazione politica, della scarsità della popolazione, della difficoltà di mantenerli, economicamente e logisticamente.
Nel complesso, sono state relativamente poche le battaglie campali durante l’età medievale. Pur potendo dare e togliere regni (a Benevento e Tagliacozzo si giocò quello di Sicilia), si preferiva non scontrarsi, ove non ci fosse la certezza della vittoria.
Ecco perché, in numerosi casi, eserciti preparati a combattere restavano a lungo schierati di fronte senza sfidarsi. L’angoscia dell’attesa faceva parte della battaglia e questo introduce il tema della psicologia dei combattenti: paura e coraggio, il disagio di muoversi in foreste, paludi, fiumi, la vergogna della fuga. Poi, il venire alle armi: le tecniche di cavalieri e fanti, il peso di corazze e protezioni, la stanchezza, la strage di cavalli, perfino i suoni e i segnali con vessilli e insegne, i carri sul campo. Lo squillo delle trombe, i gridi di guerra, il calore estivo e la polvere, che assetavano e faceva bere tanto. E dopo lo scontro vittorioso, la spartizione della preda, la sorte di prigionieri e caduti, anche i monumenti celebrativi.
(Felice Laudadio, www.sololibri.net, 29/9/2020) 

 Pochi periodi storici hanno avuto un rapporto così quotidiano con la guerra come il Medioevo. Guerra di saccheggio, in cui distruggere e depredare il nemico era in cima ai pensieri di ogni soldato. Aldo Angelo Settia conduce il lettore sui campi di battaglia e ricostruisce la mentalità del soldato medioevale, la sua vita fatta di privazioni, di fame, di terrore della morte e delle mutilazioni. Un'indagine sugli aspetti più distintivi della guerra medievale che offre al lettore un contatto diretto con le fonti utilizzate, soprattutto quelle cronachistiche.
(www.illibraio.it)

L’incipit: «Non è un caso che la storia di battaglia sia sempre stata popolare» ha scritto il sociologo Alain Joxe: «essa è la materia prima delle epopee e la sola parte della storia nobile che si presta in modo naturale a essere raccontata come una storia con la stessa tecnica valida per il mito. La battaglia ha davvero un inizio, una metà e una fine: ciò è fuori discussione». Eviteremo da parte nostra di richiamare le note riflessioni storico-letterarie sull’argomento, dando naturalmente per scontato che «nessun occhio umano riuscirà mai a mettere a fuoco contemporaneamente la specificità storica (vera o presunta) di una battaglia e la sua irrilevanza cosmica».
Gli storici militari, tuttavia, ormai da tempo non ritengono più accettabile il vecchio modo, coerente e asettico, di raccontare una battaglia secondo la visione «panottica» che intendeva appunto cogliere a volo d’uccello l’intero complesso delle azioni svolte sul campo; essi vanno anzi più in là: non solo hanno abolito la visione «panottica» ma, al contrario di quanto Joxe dava per indiscutibile, mettono in dubbio che della battaglia si possano indicare con sicurezza principio e fine, e anche la chiarezza del suo svolgimento appare spesso ingannevole così che iene vissuta in piena incertezza tanto dal comandante in capo quanto dall’ultima rcluta.
La ricerca pertanto si dirige oggi verso altre forme di evidenza come quella del «vissuto» dei combattenti, accessibile attraverso le fonti più svariate, dando qui ragione a Joxe per il quale la battaglia è appunto un oggetto interdisciplinare da analizzare alla luce «del contatto tra la storia, la sociologia, la psicologia, l’antropologia» poiché essa è «nello stesso tempo un avvenimento, una società, una situazione passionale e un mito».
Ammettendo che la battaglia continui ad avere un prima, un durante e un dopo, si tratta appunto della direzione che, entro certi limiti, anche noi intendiamo seguire. Ci proponiamo infatti non di «raccontare» battaglie ma appunto di esaminare gli uomini nelle battaglie: di esse non riscostruiremo pertanto motivazioni, svolgimento e conseguenze sul piano strategico e politico né ci preoccuperemo di stabilire se, come e quanto abbiano contribuito a cambiare la storia del mondo.

L’autore: Aldo A. Settia ha insegnato Storia medievale all’Università di Pavia; tra i suoi libri: «Rapine, assedi, battaglie. La guerra nel Medioevo» (Laterza, nuova ed. 2014), «Tecniche e spazi della guerra medievale» (Viella, 2016), nonché per il Mulino «Castelli medievali» (2017) e «Guerre ed eserciti nel Medioevo» (curato con P. Grillo, 2019

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