Novità
Scuola Slow è anche su Twitter (https://twitter.com/Scuolaslow) e su Facebook (https://www.facebook.com/scuola.slow)
La scuola serve a vivere meglio, non a produrre di più
(Nando Cianci)
Cos'è Scuolaslow
Scuolaslow è una piazza nella quale incontrarsi, discutere, raccontare le riflessioni, le esperienze, le pratiche intrecciate con l'idea di una scuola slow, vale a dire sottratta...
Una interessante esperienza condotta nel Circolo Didattico "G. Lombardo Radice" di Gela ha visto per protagonisti bambini, genitori, insegnanti, figure di esperti.
« Il progetto -dice il Dirigente Scolastica Angela Tuccio- ha visto l’istituzione di uno sportello di consulenza psico-pedagogica, in orario antimeridiano, con la funzione di orientare i docenti circa le metodologie didattiche e di gestione del gruppo classe più innovative e creative, affrontando così in maniera trasversale situazioni di disagio che possono sfociare in fenomeni di bullismo, mancata integrazione, grave disagio del singolo etc. Inoltre, sono stati attuati, in orario pomeridiano, laboratori esperienziali e laboratori ludico espressivi rivolti ai genitori dei bambini. Nel progetto , oltre alle figure
La rivista francese Silence ha dedicato, qualche mese fa, un numero dedicato a L'éducation lente. Fra gli altri articoli, un'intervista a Carl Honoré, autore dei libri ...e vinse la tartaruga e Genitori slow. Publichiamo l'intervista nella traduzione dal francese di Nando Cianci (che nel suo libro Gioventù scippata aveva già sostenuto analoghe tesi). Per leggerla cliccare qui sotto su "Leggi tutto"
Virginia Defendi,
Bambina e la fatina computerina, Onirica, Milano, pp. 48, € 7,00.
Da una parte una bambina che, pur essendo immersa nel benessere e con la prospettiva di ereditare un impero florido e prospero, non era felice. Perché quel suo mondo era ricco e rigoglioso per tutto, tranne che per una cosa: i colori. Era infatti tutto di color grigio. E, per giunta, di una sola tonalità: grigio quaranta per cento. Infatti quell’impero si chiamava Grigiolandia . Ma, per darsi, la felicità ha bisogno di colori. Così coma ha bisogno di sogni. Che, però, a Grigiolandia erano proibiti ai bambini in forza di un delitto imperiale in vigore da tempo immemorabile. Ai piccoli che venivano sorpresi a sognare ad occhi aperti toccava la condanna alla Non-Crescita. La stessa erede dell’Impero, che si chiamava Bambina, era incappata nella punizione ed era rimasta, nonostante fossero passati moltissimi anni, una fanciullina. Sempre con il desiderio di portare colori e musica nel suo mondo grigio.
Dall’altra una figlia un po’ anticonformista dei regnanti del Mondo fatato, la Fatina Computerina, desiderosa di togliere un po’ di polvere da un mondo sempre uguale a se stesso.
Dai loro desideri e dalle loro azioni, che si svolgono con il contorno di un a piccola folla di personaggi fiabeschi, si sviluppa la trama di questa fiaba moderna che cerca di conciliare sogni, colori, musica e tecnologia.
Un racconto grazioso, godibile ed originale, come è stato scritto da più parti, che segna il promettente debutto letterario della giovane scrittrice Virginia Defendi.
In terra d’Abruzzo, lungo la costa vi è un luogo noto come il belvedere dannunziano. Chi da questo lembo rialzato di costa, si affaccia sull’Adriatico in un pomeriggio autunnale gode di un paesaggio incantevole. Il cielo imperlato da strisce di nuvole e vergato dai raggi di un pallido sole, il mare del colore che ti immagini avesse nel giorno della creazione. Si sente, in quel momento, la grandezza antica del mondo che affiora alla superficie del mare e dell’animo di chi osserva. Una piccola strada ferrata rugava il costone che degrada verso il mare. Quando, in questo scenario fatato, fino a qualche anno fa, sbucava il piccolo treno locale che da Termoli conduce a Pescara, con il suo incedere lento e discreto, dal promontorio si vedeva scorrere insieme l’Ottocento e il Novecento. E quando l’Eurostar che a gran velocità va da Lecce a Milano irrompeva in questo lembo di paesaggio eterno, doveva rallentare la sua corsa e procedere con il rispetto che si deve alla maestà della natura. Si assaporava il gusto dell’uomo che viaggiava con l’uso della tecnica
Si chiama “child free” ed è la formula vacanze per chi desidera soggiornare in luoghi non "infestati" dalla presenza dei bambini. Ce ne dà notizia Vera Schiavazzi, su Repubblica del 5 giugno. La notizia, per quanto sgradevole, non rappresenta una novità. Già nei primi anni ottanta del secolo scorso, ad esempio, si potevano leggere, negli Stati Uniti, annunci pubblicitari di appartamenti da affittare sui quali campeggiava uno “spiacenti, non sono ammessi i bambini”.
Ma, ci dice Repubblica, adesso la tendenza si diffonde al punto che coloro i quali decidono di fare vacanze in luoghi dai quali sono esclusi i bambini «rappresentano ormai quasi la metà del pubblico dei villaggi e resort».
Naturale che la prima reazione a questa notizia sia di sdegno: viene subito in mente l’equiparazione al divieto di ingresso per animali presente in tanti locali pubblici. Così come viene in mente l’ipocrisia di una società che, crudele con i giovani –per i quali si sforza di creare quello che Pennac chiama il “divieto di avvenire”- lo è in modo altrettanto odioso verso i bambini, per i