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SUL SILENZIOFuggire dal rumore del mondo, di David Le Breton Raffaello Cortina, Milano, pp. 278, € 24,00

Il libro:Invasi da un rumore continuo che le epoche precedenti non avevano conosciuto, ci troviamo spesso a desiderare una tregua ristoratrice per le orecchie e per la mente, un ritorno ad una condizione nella quale sia possibile percepire solo i suoni della natura, a guardarci dentro senza essere continuamente distratti dalla folla dei suoni e dei rumori che provengono da ogni dove: dal traffico, da radio, tv e stereo accesi a tutto volume nell’appartamento vicino o nell’auto in transito, dal diffusore di suono della pizzeria che non ti lascia mangiare in pace né conversare con gli amici, dal trillare dei mille telefonini che si accalcano nelle nostre tasche e intorno a noi, dagli aerei che sfrecciano sulla città, dagli elicotteri che volteggiano nel cielo. E dalle parole emanate anch’esse da ogni dove e, soprattutto, sempre più ossessivamente e senza senso, dai mezzi tecnologici con i quali interloquiamo o fingiamo di interloquire.

   Il silenzio, insomma, è diventato un miraggio per la ristorazione dei sensi, come l’oasi per il viaggiatore assetato nel deserto.
    Eppure, detta così, il silenzio rischia di diventare preda di un rimpianto senza sbocchi e di una retorica che alimenta un senso comune distratto e superficiale. Il silenzio, invece, porta con sé anche un carico di ambiguità e, comunque, una miriade di significati che variano in base ai contesti politici, sociali, culturali. Ce lo ricorda, con ampiezza di analisi e ricchezza di considerazioni e informazioni, il nuovo saggio, mandato in libreria da Raffaello Cortina, di David Le Breton, autore da sempre molto attento, fra l’altro, alla ricerca sul modificarsi delle nostre percezioni, dell’uso e delle possibilità esplorative dei nostri sensi nel mutare delle condizioni generali della nostra esistenza.
  Il silenzio, così, non sempre è evocazione di un mondo più serenamente vivibile. Perché c’è anche il silenzio imposto, per esempio, dalle dittature che tolgono la parola. Sicché queste ultime si trovano a svolgere una funzione in un certo senso speculare a quella di chi la fa annegare nel mare del rumore: «La dittatura annienta la parola all’origine, la modernità la fa proliferare nell’indifferenza, dopo averla svuotata di senso». È, quest’ultimo, il risultato dell’uso prevalente dei social, nel quale «non c’è più posto per il silenzio: vige un obbligo di parola, di replica e di confessione, perché la “comunicazione” viene proposta come la risoluzione di tutte le difficoltà personali e sociali». Sicché il silenzio diventa sinonimo di vuoto ed incute timore. (Mentre, si potrebbe dire con il Gillo Dorfles di Horror pleni, tutto ciò dà luogo all’opposto delle capacità informative e comunicative).
   Il significato del silenzio, dunque, come quello della parola, non è univoco, in quanto capace di evocare, nei diversi contesti, beatitudine, paura, rimpianto, desiderio di averlo e desiderio di fuggirlo. Le Breton ci mostra questo carico di ambiguità e di possibilità che accompagna il silenzio attraverso un viaggio che ne analizza il senso che può assumere all’interno della conversazione (imbarazzo in alcune culture, pienezza di senso in altre), i tanti significati politici possibili (padronanza di sé, manipolazione, imposizione, complicità), il suo rapporto con il segreto (che può proteggere o colpire), il suo rapporto privilegiato con le religioni («Dio sfugge agli stretti limiti del linguaggio» e non può essere descritto, sì che evoca un dialogo condotto nel silenzio dell’interiorità), la sua presenza nell’esperienza della malattia e nella morte, il suo progressivo raredarsi. Fino al suo diventare motivo di lotta sociale (per quanti si battono per evitare nuove installazioni che producono appesantimenti acustici per i singoli e per le comunità), ma anche fattore da utilizzare a fini commerciali: il proliferare, ad esempio, di proposte turistiche che promettono paradisi di quiete, o l’accento posto sulla poca rumorosità di nuovi autoveicoli, elettrodomestici, attrezzi per l’uso quotidiano. Con il sorgere e lo sviluppo dell’industria dell’insonorizzazione.
  Un lungo viaggio ed un’analisi ricca che Le Breton conduce con rigore ed espone con linguaggio godibile da tutti, senza forzature ideologiche e con lucidità. Ed, anche, senza far venir meno la responsabilità dell’uomo nella costruzione del suo ambiente: bisogna fare in modo che la parola e il silenzio siano frutto di possibilità di scelta. Ma senza dimenticare che «il silenzio ha sempre l’ultima parola». (n.c.)

 

Il risvolto: Il nostro tempo è inquinato dal rumore. Pare che il desiderio di distrazione abbia vinto la partita: difficile trovare un luogo in cui il silenzio non sia rotto da qualcuno che schiaccia un pulsante e lo distrugge. Per non dire dei dispositivi elettronici. Prima dell'avvento degli smartphone ci si parlava a tavola, sui tram, durante una passeggiata. Adesso, si leggono le e-mail o si manda un sms, buttando là qualche parola per dimostrare agli altri che esistono. In questo frastuono frenetico, diventa difficile ascoltare la parte più vera di sé. Come forma di resistenza nasce allora l'aspirazione al silenzio attraverso la disconnessione, il ritiro in luoghi isolati e il camminare, che conosce un successo prodigioso.
David Le Breton mostra come il silenzio sia oggi un bene comune da riconquistare, nella conversazione, nella dimensione politica, nella spiritualità e nella religione. Il silenzio è un valore necessario al legame sociale e una sorta di profondo respiro che placa la nostra inquietudine.

L’incipit: La modernità è avvento del rumore. Nel mondo riecheggia incessantemente il suono degli strumenti tecnologici il cui utilizzo accompagna, nel corso del giorno, la vita personale e collettiva. La sensazione del rumore si è diffusa soprattutto con la nascita della società industriale, estendendosi poi a dismisura. Il diffondersi della tecnologia ha portato con sé un’accresciuta penetrazione del rumore nella vita quotidiana e una sempre maggiore incapacità di controllarne gli eccessi. Inattesa conseguenza del progresso tecnologico, è l’ombra portata dell’agio. Sebbene non sia un problema recente, le sue conseguenze si sono rese particolarmente evidenti negli anni Cinquanta e Sessanta. […] Oggi innumerevoli fonti sonore saturano gli appartamenti: radio, televisione, elettrodomestici, cellulari, altoparlanti, ecc., in ambienti mal insonorizzati, o per i quali non è mai stato previsto un abbattimento acustico, tra un’abitazione e l’altra. Sempre più veicoli affondano strade e autostrade. Se confrontato con tutti gli altri sensi, l’udito risulta più vulnerabile: rispetto a un cattivo odore o a una vista sgradevole è più difficile astrarsi dal rumore (Le Breton, 2006, p.103). Nelle città, i rumori si susseguono come un a presenza incessante nella vita delle persone: automobili, camion, motociclette, bus, tram, cantieri, sirene delle ambulanze o della polizia, allarmi che scattano senza ragione apparente, attività promozionali nelle strade e nei quartieri, appartamenti dalle cui finestre spalancate la musica risuona a tutto volume, vetture dalle cui autoradio esplodono ritmi incontenibili, ecc. Pierre Sansot ha affermato che la città non può permettersi di sospendere la propria respirazione nemmeno per un secondo. Se il rumore del traffico dovesse estinguersi in pieno giorno, verrebbe da fermare che il respiro della città si sia fermato, che il suo cuore abbia smesso di battere. Un’improvvisa scomparsa del rumore fa paura: il silenzio produce angoscia e spinge a correre alla finestra per comprenderne le ragioni. Le città sono assordanti e le case difficilmente si difendono dalle infiltrazioni sonore provenienti dalle vie circostanti, o anche soltanto dagli appartamenti adiacenti. Le conversazioni dei vicini, le loro liti, i loro spostamenti, un uso smodato della televisione spesso si ripercuotono duramente sul ritmo di vita personale, alterando la tranquillità della propria casa. Il rumore è un esercizio d potere sull’altro, una manifestazione talora deliberata di disturbo quando, per esempio, da una finestra aperta sui lascia rimbombare la musica in tutto il vicinato. In questo senso, il rumore è diventato una forma di espressione del risentimento, di rivincita sulla sorte. Il benessere acustico è un lusso.

L’autore: David Le Breton, sociologo e antropologo, insegna all’Università di Strasburgo. Per Raffaello Cortina ha pubblicato: Il sapore del mondo. Un’antropologia dei sensi (2007), Espeienze del dolore. Fra distruzione e rinascita (2014) E Fuggire da sé. Una tentazione contemporanea (2016). Fra le altre pubblicazioni: Camminare. Elogio dei sentieri e della lentezza (Edizioni dei Cammini, 2018), Sociologia del rischio (Mimesis, 2017), Antropologia del dolore (Meltemi, 2016), Il mondo a piedi. Elogio della marcia (Feltrinelli, 2013).

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