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La scuola serve a vivere meglio, non a produrre di più
(Nando Cianci)
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Scuolaslow è una piazza nella quale incontrarsi, discutere, raccontare le riflessioni, le esperienze, le pratiche intrecciate con l'idea di una scuola slow, vale a dire sottratta...
Un maestro di scuola racconta
di Alex Corlazzoli
Einaudi, Torino, pp. 140, € 12,00
Lungi dall’abitare un pianeta ovattato, dominato dalla fantasia e dai buoni sentimenti, i bambini vivono a loro modo le contraddizioni che caratterizzano la condizione umana. Contraddizioni acuite, va detto, dal comportamento di molti adulti che su sul mondo dell’infanzia scaricano le proprie instabilità affettive, i propri fallimenti relazionali, la propria incapacità a costruire una scuola che abbia davvero al centro il bambino, l’adolescente, il giovane. Costruendosi, magari, una rappresentazione arcadica dell’infanzia per esorcizzare i propri sensi di
colpa, causati dall’incapacità a capire e a condividere con bambini e ragazzi le fatiche e le gioie della crescita. Entrare, perciò, in questo mondo per capirlo, esservi accolti senza la barriera difensiva che i bambini istintivamente alzano quando si sentono accerchiati da un mondo adulto colonizzatore ed omologante, è impresa ardua. Le difficoltà di ottenere il visto di ingresso e il diritto di cittadinanza in questo paese poco conosciuto dagli adulti vengono narrate nel libro di un maestro elementare che a tale impresa si è dedicato con un pizzico di “sana follia”, aprendosi al rapporto con i bambini senza maschere ed emarginando il più possibile registri, regolamenti troppo rigidi, spazi fisici troppo angusti. Il libro è Tutti in classe. Un maestro elementare racconta (Einaudi, pp. 140, € 12,00). L’autore è Alex Corlazzoli, che racconta dunque il suo viaggio tra i cittadini del paese dei bambini, dei quali ha raccolto storie, confidenze, avventure, rapporti umani. Un viaggio condotto con la voglia di capire tipica del buon giornalismo (professione dalla quale l’autore proviene) e l’animo del maestro che i bambini sognano: «che si diverte con loro, che resta grande ma ha il coraggio di tirare fuori la sua parte bambina». Quest’ultima dimensione si sostanzia nell’assumere lo sguardo che i bambini rivolgono al mondo e nel sintonizzarsi con il loro animo alle prese con i problemi familiari, con le scoperte dell’affettività, con l’integrazione fra culture diverse, con la tecnologia che li circonda, con l’apparato scolastico che si presenta con regole consolidate, scansioni rigide delle giornate e dell’anno, «programmi da finire». Mentre la parte adulta porta l’autore, ovviamente, oltre la narrazione, a riflettere su tutto ciò e a sperimentare le strade per «tornare a una scuola che abbia un’idea della società che vuole realizzare, con insegnanti che cullino i sogni dei ragazzi e segnino la loro strada per raggiungerli».
Vediamo, in questo percorso narrativo, il maestro immerso nella vita quotidiana della classe e alle prese con le mille contraddizioni del mondo così come si manifestano nell’aula. Un cammino che non conosce frontiere, che spazia dal magistero di don Milani alla relazione tra allievi, e tra questi e il maestro, che transita anche attraverso i social network; dall’idea di insegnare la geografia partendo dalle osterie ai viaggi virtuali sulla rete; dalla ricerca delle testimonianze degli anziani per raccontare le storie e capire la storia alle ricerche di documenti e monumenti con l’uso dei più recenti strumenti tecnologici. Sempre, però, con l’idea che il virtuale non può mai sostituire le relazioni umane dirette, la ricostruzione della memoria attraverso luoghi e persone reali, la vita vissuta nella pienezza della sua ricchezza e delle sue contraddizioni. Con un certo qual sottofondo “sovversivo”, che ricorda il Don Milani de “l’obbedienza non è più una virtù” e il Gramsci che vede l’indifferenza come il peso morto della storia.
Il viaggio dell’autore si snoda, come si è detto, in mille strade e stradine, alcune delle quali sembrano ubicate in quartieri prettamente scolastici. Ma, a ben guardare, tutte si collocano in un orizzonte che va molto oltre l’aula: il voto, l’ amore per lo studio, l’educazione alla cittadinanza (con la preghiera laica mattutina e la comprensione della costituzione anche attraverso la sua pratica), la storia (la scuola che deve essere «la culla della memoria» e legare le persone «alle tradizioni, alla conoscenza della propria terra, del luogo dove si è nati e si vive»), la geografia (viaggiare è uno dei consigli che il maestro consegna agli alunni ad ogni fine d’anno scolastico), l’intervallo, il «rito malinconico» della mensa, l’educazione all’affettività (con il suo carico di misteri, di tenerezze e di nuovi portati dei tempi), i mutamenti “antropologici” di una generazione che «non ha mai fatto una telefonata da una cabina», la condanna ai non luoghi degli spazi virtuali comminata da una società che edifica cattedrali del consumo e non si cura dei luoghi per la mente, la sfida dell’educare all’utilizzo consapevole dei nuovi media (che inizia dal «considerare i bambini e i ragazzi quali veri soggetti di diritti e servizi in rete»), il valore fondamentale della vita scolastica: in un mondo dominato da relazioni virtuali, «la classe rappresenta ancora l’unico luogo reale, con tutti i suoi limiti, dove sperimentare l’invidia, la gelosia, l’affetto, il dolore, la reciprocità. In aula si impara a smussare la ricerca di attenzione, a non considerare solo il proprio banco, a comprendere cosa significa stare insieme. In classe si apprende a spogliarsi dei panni dell’individualismo».
Qui e là, va detto, la passione per la costruzione di un mondo solidale provoca qualche concessione più che generosa (insegnare ai bambini a copiare, come fa l’autore, può favorire, come egli auspica, lo spirito di solidarietà, ma può anche stimolare furbizie ed alimentare la carenza di senso civico di cui l’Italia soffre) o qualche immagine enfatica ( i bambini «hanno intuito il loro compito: trasportarci un una nuova era»). Ma sono sfumature che non intaccano il valore di un lavoro condotto con il coraggio di immergersi senza scafandro in un mondo ricco, complesso e difficile da leggere. Sapendo, come già detto, far vivere anche la propria parte bambina, aprendosi alla sintonia e costruendo una relazione umana senza la quale non si dà educazione. E con il coraggio di procedere sul difficile e rischioso crinale che sta tra la necessaria autorevolezza dell’insegnante e la sua capacità di stare nel mondo dei bambini agendo e divertendosi con loro. Corlazzoli affronta questo rischio senza timori e senza remore, con la capacità di far confluire tutte le strade e stradine del suo viaggio nell’unico e seducente boulevard dell’educazione, mostrandoci sul campo e sulla pagina che –nella vita della scuola che si apre al mondo– anche le difficoltà sono risorse e che è possibile educare alla libertà anche sotto il bombardamento dei mille stimoli del consumismo e delle ubbie della società adulta.
Nando Cianci