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Scuolaslow è una piazza nella quale incontrarsi, discutere, raccontare le riflessioni, le esperienze, le pratiche intrecciate con l'idea di una scuola slow, vale a dire sottratta...

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LUMINUSALuminusa

di Franca Cavagnoli
Frassinelli
, Milano, pp. 164, € 18,50

Il libro:  C’è un tempo in cui ogni cosa possiede una vita, che le è data dall’uso che le persone ne fanno, dal senso della loro presenza nell’agire quotidiano degli uomini. Quando perdono quella vita, diventano relitti. O reperti. Ricordi si altre stagioni. A volte ridotte così dal crollo di un sogno. Come nel caso dei migranti ch arrestano per sempre il loro viaggio tra i flutti del Mediterraneo, insieme alle povere cose che recano con sé. 
Nel romanzo Luminusa, tenero e drammatico ad un tempo, Mario –il protagonista giunto a Lampedusa dal nord– raccoglie le cose portate dal mare in un museo e le cataloga in modo singolare, etichettandole con didascalie in endecasillabi. Perché l’endecasillabo è un verso la cui costruzione richiede durata e pazienza, ingredienti che aiutano «a immaginare la vita di chi un tempo possedeva le cose che ora se ne stanno appese alle pareti o a fili tesi da un muro all’altro come corda da bucato, oppure le cose che se ne stanno appoggiate al sicuro sopra un tavolo o una mensola».  È un verso che a volte resiste e non si lascia plasmare, lasciando nell’aria una «musica sghemba» che fa da sottofondo alla nostra costruzione di immagini mentali.

   In questo rapporto tra io del protagonista, oggetti e versi sta una delle intelaiature che sorreggono questa bella prova di scrittura che Franca Cavagnoli ci dà e che viene ulteriormente irrobustita dalla presenza costante di una natura che si esprime in mille forme  (luoghi, luci, colori, silenzi) e che rappresenta una sorta di compagna di vita di Mario.  Il corpo del romanzo è dato dal dramma dei migranti, un olocausto distillato giorno per giorno e rappresentato nel racconto di episodi densi e drammatici. Eppure in mezzo ad essi, di tanto in tanto, la natura prorompe a reclamare la sua persistente bellezza.  E dalla presenza contemporanea della vitalità della natura e del dramma dei migranti scaturiscono accenti di un sorta di lirismo che non si astrae dal reale, ma vi penetra e lo trasfigura in una dimensione nella quale l’eco della tragedia non precipita nella disperazione, ma si staglia su uno sfondo nel quale la speranza non soccombe mai del tutto, evocata da antiche solidarietà: «Un tempo, quando il faro non c’era, gli abitanti dell’isola accendevano dei falò qua e là, sulle alture, per segnalare a chi era in mare la presenza dell’isola. Ho cercato più volte di immaginare questi puntini di luce viva che incoronavano l’isola, tutte queste macchie luminose in alto, nel cielo, ma più basse delle stelle. I naviganti le vedevano. Ci siamo, avranno detto, possiamo attraccare». Una solidarietà che forse è ancora nascosta in qualche piega ancestrale dell’animo umano. E che forse proprio una natura così ricca di luce può aiutare a ravvivare. Nel mentre le istituzioni, il nord, l’Europa appaiono fredde lontane,  intente ad occuparsi «con meticolosa esattezza dei montanti di latte e di burro, ma poco di politica». 
    Da questo nord fa capo ogni tanto anche il mondo di provenienza del protagonista, a ricordarci che la sua scelta di vivere nell’isola non ha nulla di eremitico, non rinnega il mondo. Al contrario va incontro al mondo, scontandone anche le brutture. Vi va incontro armato, per così dire, di endecasillabi, di sorvegliata indignazione, di umana pietas. Ma la luce dell’isola, Luminusa, non si spegne. Anche in un punto particolarmente dolente del romanzo, il suo finale, l’autrice non ci consegna alla disperazione: in un nuovo viaggio, nel contatto con le cose, si cerca la memoria di vite concrete. Si cercano le tracce dei migranti laddove sono partiti. Perché è forse proprio nella partenza che si può cercare il senso del navigare. Partenza carica di speranze, che troppo spesso finiscono nel cimitero di barconi accatastati senza vita. Non lontano dal cimitero di Lampedusa, dove giacciono i corpi dei migranti restituiti da un mare crudele. O, forse invece, da un mare pietoso, che rimedia come può alla crudeltà degli uomini.                                                                                                        Nando Cianci

 L’incipit:  Su quest’isola arrivano in tanti, su quest’isola alla fine sono venuto anch’io. 
  Ci sono venuto dalla direzione opposta, per dare una mano nei giorni dell’emergenza. Poi, una volta qui, sono rimasto. Per conservare la memoria di chi è passato – o non è mai arrivato – e ha lasciato un rotolo di lettere, un disegno, un libro, una scarpa da tennis in fondo al mare.
   Ora lavoro a questo museo della vita quotidiana. È un museo minuscolo –sta tutto in una stanza– dove preparo le didascalie degli oggetti via via che li troviamo che ce li portano. Poi prendo gli spilli e le appunto in giro: sulle cose, se lo spillo entra, sulla cornice, se una cornice c’è, oppure le metto sulla mensola sotto un sasso. I sassi li cerco la mattina presto nei miei vagabondaggi per l’isola. Se mi riesce, le didascalie le scrivo in versi,perché spero che così resteranno dentro a chi le legge, se le porterà via con sé quando tornerà a casa sua.[…] Mentre penso, giro e rigiro tra le mani la scarpa da tennis che il mare ha portato a riva, il libro o il disegno trovato nella stiva del barcone, il rotolo di lettere nella giacca abbandonata sul muretto a secco, vicino al vaso col geranio spezzato. O quel che resta del giocattolo di un bambino rinvenuto sul ponte della Flaminia. Lui almeno ce l’ha fatta.
   Prendo un foglio di carta crespa verde e lo poggio su un tavolo. Lo liscio ben bene. Quel trenino straziato lo metto sopra un prato.

 L’autrice: Franca Cavagnoli ha pubblicato per Frassinelli i romanzi Una pioggia bruciante Non si è seri a 17 anni, e per Feltrinelli i racconti Mbaqanga e Black. Ha tradotto e curato opere di J.M. Coetzee, Nadine Gordimer, Katherine Mansfield, Toni Morrison, V.S. Naipaul. Collabora a il manifesto e Alias. Per il suo saggio La voce del testo ha avuto nel 2013 il premio Lo Straniero. Nel 2014 ha avuto il Premio nazionale per la traduzione del Ministero dei Beni Culturali.

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