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UMANOIDIUMANI E UMANOIDI.
Vivere con i robot
di Roberto Cingolani e Giorgio Metta
il Mulino, Bologna, pp. 184, € 15,00

Il libro: Negli anni sessanta la popolare trasmissione televisiva Carosello introduceva nelle case degli italiani una variegata serie di personaggi, alcuni di quali acquistavano un loro posto anche nell’immaginario collettivo. In qualche caso attualizzavano il passato, provenendo dall'antica Roma o dal Medio Evo o dal mondo dei western, in altri ironizzavano su  un presente che stava conoscendo i cambiamenti di costume portati dal cosiddetto boom economico. Altre volte lasciavano presagire ulteriori sviluppi della tecnologia, come nel caso dello spot di una marca di lavatrici, dove l’automa Tic sostituiva la padrona di casa in ogni sorta di lavoro domestico, tranne naturalmente che nel bucato, campo nel quale la lavatrice era imbattibile.

   Quel che cinquant’anni fa rappresentava una trovata pubblicitaria, viene ora presentato come uno scenario possibile dal libro Umani e umanoidi. Vivere con i robot, di Roberto Cingolani e Giorgio Metta, da poco pubblicato da il Mulino: «Tra vent’anni potrebbe esserci un’umanoide amico in ogni casa per assistere i nonni, portare i nostri figli a scuola e prepararci un caffè». Messa così, la faccenda prefigura uno scenario di agi e di sottrazione alla nostra cura di incombenze più o meno gradite. Ma, naturalmente, le cose non sono così semplici. Tanto che, in chi si occupa di questi problemi, alternano e convivono speranze e timori.
   Da un lato, infatti, sono innegabili i grandi vantaggi –sui quali il libro si sofferma ampiamente- che l’esistenza umana può trarre da uno sviluppo della robotica nel campo, per esempio, della chirurgia, dell’aiuto alla riabilitazione di capacità di movimento compromesse da patologie che oggi condannano al’immobilità, del miglioramento delle prestazioni e della sicurezza in lavori pesanti o pericolosi, nell’affrontare emergenze che presentino situazioni proibitive per l’uomo, per mappare le aree interessate, individuare sopravvissuti e feriti, acquisendone anche i dati e trasmettendoli ai soccorritori, garantire interventi efficaci.
   Dall’altro, però, lo sviluppo della robotica apre scenari anche inquietanti, tanto che nel dicembre 2014 un allarme circa la possibilità che le «che l’intelligenza artificiale soppianti l’essere umano e ne inneschi la fine è stato lanciato da Stephen Hawking, l’astrofisico noto per i suoi studi sul Big Bang e sui buchi neri. Nel gennaio successivo il Future of Live Institute, un’associazione di ricerca inglese, ha elaborato una lettera, firmata in poco tempo da oltre 400 studiosi di tutto il mondo, che afferma l’esigenza di regolare l’intelligenza artificiale, per trarne da essa tutti i benefici possibili ed evitare che prenda il sopravvento sull’uomo. E’ da notare che i firmatari non sono “catastrofisti” ostili alla scienza, ma scienziati impegnati in varie ricerche, compresa quella sull’intelligenza artificiale»[1].
    Problemi che riguardano un possibile salto della condizione di vita dell’uomo nel Pianeta, riguardo alle libertà democratiche, ai diritti individuali, alla natura dei lavori ancora possibili per l’uomo. E, come si può ben capire, anche problemi di natura etica, al cui esame Umani e umanoidi non si sottrae, indicando «la necessità di un codice etico che regoli la coesistenza di umani e umanoidi». Un tema che può essere affrontato sotto diversi aspetti, sui quali gli autori ci intrattengono accompagnandoli con l’avvertenza che i robot, al di là della apparenza meccanica, è «qualcosa che va oltre il dominio della scienza e costituisce una delle sfide più grandi della creatività umana». Una sfida che viene da lontano e che ha implicazioni di portata straordinaria, come potrebbe aiutarci a capire, ad esempio, la lettura dei libri di Mario Losano[2], di Giuseppe Longo[3] e di Carlo Sini[4]. Insieme, naturalmente, al libro di Cingolani e Meta, che ha il pregio di spaziare dalle basi scientifiche agli aspetti tecnologici, a quelli etici, a quelli relativi all’esercizio della cittadinanza. Con un “racconto di fantasia possibile” che chiude il libro ed apre ulteriori fecondi spunti di riflessione.

L’incipit: Il termine «robot» deriva dalla parola cecoslovacca robota (lavoro pesante), che si ritiene possa a sua volta derivare da un archeologismo slavo, rabota, che significa «servitù». Non sembrerebbe esserci dubbio, quindi, che i robot siano delle macchine te per svolgere lavori faticosi in aiuto dell’uomo. Il mondo industriale fa largo uso di robot proprio per svolgere lavori complessi, pesanti e molti ripetitivi con precisione e riproducibilità ben più elevate di quanto garantito dal lavoro umano. I robot non sono necessariamente antropomorfi, anzi, nella maggior parte dei casi sono ben lontani da qualsiasi sembianza umana. Eppure nell’immaginario collettivo l’umanizzazione del robot, e spesso la sua demonizzazione, hanno reso queste macchine dei catalizzatori di paura (robot ribelli, robot che prendono il sopravvento sugli umani), di sofferenza (robot che aspirano a diventare uomini, che soffrono perché provano emozioni nascoste), o di sentimenti (robot cui ci si affeziona o di cui ci si può anche innamorare).
   Quanto più il robot è costruito con sembianze umane, tanto più diventa facile proiettare su di esso le nostre paure e le nostre aspettative. Di per sé quindi il robot umanoide si presta a diventare il naturale surrogato dell’uomo, con i suoi grandi misteri relativi alla creazione, alla morte, ai sentimenti.

Gli autori: Roberto Cingolani, fisico, è direttore scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova. È stato membro dello staff del Max Planck Institut di Stuttgart, visiting professor presso l’Università di Tokyo, professore aggiunto presso la Facoltà di Ingegneria elettronica dell’Università di Richmond, Virginia. È autore di numerose pubblicazioni, tra cui «Il mondo è piccolo come un’arancia» (Il Saggiatore, 2014), e di circa quaranta brevetti.

Giorgio Metta, ingegnere, è direttore dell’iCub Facility all’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), dove guida lo sviluppo del robot umanoide iCub, ed è professore di Robotica cognitiva all’Università di Plymouth (UK). Autore di numerose pubblicazioni, ha lavorato all’MIT di Boston, è stato responsabile di diversi progetti europei e consulente come esperto di robotica nell’ambito dei programmi della Commissione europea.


[1]Cfr. Nando Cianci, Viandanti e naviganti, Youcanprint, 2015, pp.

[2]Storie di automi. Dalla Grecia classica alla bella époque, Einaudi, Torino , 1990. Il libro è oggi, purtroppo, irreperibile in commercio e se ne auspica una ristampa.

[3]Fra essi Il simbointe. Prove di umanità futura (Mimesis, Milano, 2013) e Homo tecnologicus (Ledizioni, Milano, 2012).

[4]L’uomo, la macchina, l’automa (Bollati Boringhieri, Torino, 2009).

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