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La scuola serve a vivere meglio, non a produrre di più
(Nando Cianci)
Cos'è Scuolaslow
Scuolaslow è una piazza nella quale incontrarsi, discutere, raccontare le riflessioni, le esperienze, le pratiche intrecciate con l'idea di una scuola slow, vale a dire sottratta...
di Nando Cianci
Youcanprint, Tricase pp. 120, € 10,00
Il libro: Educare alla lentezza non è una trovata snob. Né un modo per sospingere le nuove generazioni a soccombere in un mondo dominato dalla febbre spasmodica della competizione. E’ una strada perché l’uomo possa, nella misura possibile, non ridursi alla schiavitù, all’essere un funzionario degli apparati tecnologici che pretendono di organizzare la vita del mondo. E’ la forma umana di resistenza alla dittatura della velocità, che marcia (anzi: corre) a braccetto con il consumismo, che ordina che tutto debba essere presto consumato e sostituito da un nuovo prodotto, che deve immediatamente diventare obsoleto anch’esso, e così via… Sicché, oltre alle merci, si finisce con il consumare velocemente anche idee, emozioni, sentimenti. Ed anche la vita quotidiana ne risulta alterata: la fretta si è impadronita di noi; andiamo sempre di corsa, anche quando non ce n’è alcun bisogno. Ma perché? E per andare dove?
Rallentare diviene, allora, una necessità per la sopravvivenza. Del pianeta e di tutti i suoi abitanti. Per tornare ad assaporare la vita. Per offrire alle nuove generazioni la prospettiva di un cammino umano.
Per usare bene le nuove tecnologie, che non sono un accidente diabolico intervenuto a scompaginare il cammino dell’uomo, perché la tecnica da sempre accompagna tale cammino. Solo che adesso si sviluppano in modo più rapido ed invasivo del passato, instaurando nuove modalità di relazioni tra le persone, producendo modificazioni nel modo di pensare, di agire, di vivere di strati sempre più larghi di popolazione.
Il “pensiero lento”, refrattario alle sirene della competizione forsennata e del connesso consumismo, è in grado di andare incontro senza tremare all’immane potenza della tecnologia, dentro e fuori la scuola.
Stare al mondo a passo d’uomo non può che cominciare dall’educazione.
L'incipit: E’ come una lunga corsa in autostrada. Una corsa veloce, senza soste. Tutta protesa verso una meta lontana. Che si sposta sempre più in avanti. Tanto si allunga la corsa, tanto viene sollecitata l’attenzione verso la guida veloce, che ad un certo punto non sappiamo più qual è la meta verso cui ci siamo incamminati. Non sappiamo neanche se ce l’abbiamo mai avuta. Ricordiamo, vagamente, che un giorno lontano siamo partiti, a piedi, alla conquista del mondo. Vedevamo bene la strada, l’incedere del passo era stabilito dalla forza delle nostre gambe. Sentivamo gli odori, riconoscevamo i colori. Lo sguardo era capace di scorgere le bellezze del mondo. Ed anche le nefandezze. Al punto che riuscivamo, insieme, a godere del mondo e a decidere di cambiarlo. Poi, chissà come, chissà quando, la nostra andatura ha subito un’accelerazione. E poi un’altra, ed un’altra ancora… Ci siamo ritrovati alla guida di macchine, per viaggiare con il corpo e con il pensiero, sempre più sofisticate e veloci. I piedi hanno smesso di camminare. La velocità ha cominciato ad esigere la nostra attenzione, sempre di più, fino ad assorbirla totalmente. L’imperativo categorico è diventato quello di reggere il passo della tecnologia. L’elettronica ci ha dato l’ebbrezza dell’ubiquità: possiamo stare in tempo reale in ogni luogo del mondo, assistere in diretta, o in differita di qualche secondo, (o, portando pazienza, di qualche minuto se aspettiamo che vada su you tube) a conferimenti di premi Nobel, esecuzioni capitali, riti di preghiera celebrati in terre lontane, rapine, stupri. Per stare dovunque bisogna consumare a gran velocità immagini, suoni, eventi. Bisogna correre sempre di più. Se si ha un lavoro, bisogna dedicare tempo anche a quello. Sempre più tempo, perché tramite la tecnologia il lavoro ci accompagna dappertutto, ci si para continuamente davanti e ovunque ci chiede prestazioni: a casa, in treno, ai giardini pubblici, per strada. Richieste di interventi online e di informazioni trillano anche nottetempo dal comodino che un tempo vegliava sul nostro sonno e che oggi aspira a presentarsi come una piccola stazione multimediale. E poi bisogna ubbidire ai dettami della moda, non perdere di vista le risse televisive organizzate quotidianamente dalle emittenti commerciali e da quelle dedite al “servizio pubblico”. Sempre più velocemente, perché tutto incalza. Una grande, continua, interminabile corsa. Verso dove? E chi se ne ricorda più…Scorgiamo ancora un orizzonte? O l’attraversare a gran velocità il tempo della vita ne ha fatto sfumare la possibilità? Che proprio il correre sia diventata la ragione di vivere?