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La scuola serve a vivere meglio, non a produrre di più
(Nando Cianci)
Cos'è Scuolaslow
Scuolaslow è una piazza nella quale incontrarsi, discutere, raccontare le riflessioni, le esperienze, le pratiche intrecciate con l'idea di una scuola slow, vale a dire sottratta...
Il libro: Capita spesso di incontrare interlocutori che esprimono certezze incrollabili su qualsiasi argomento nel quale si imbattono. Tendenza accentuata dall’esplosione dell’uso dei social nerwork, dove il mezzo sembra di per sé incoraggiare affermazioni perentorie. Molto spesso, però, dietro le categoriche affermazioni enunciate si nascondono nulla più che luoghi comuni, pregiudizi, credenze aleggianti da più o meno tempo nel senso comune, che si sono intrufolati in noi senza essere sottoposti ad alcun vaglio critico. Sicché ce ne facciamo passivi ripetitori, nel mentre pensiamo di esprimere una verità quasi incontrovertibile.
Il pregiudizio trova oggi mezzi di propagazione più potenti che in passato, dunque, ma ci accompagna comunque da lungo tempo, mutando le forme nei vari tempi e nei vari luoghi.
Ce lo ricorda Giuseppe Antonelli nella introduzione ad un gustoso ed interessante volume edito da Laterza, Il pregiudizio universale, nel quale una nutrita schiera di autori ci offre un vero e proprio catalogo di pregiudizi e luoghi comuni. Una galleria dalla quale Antonelli trae diverse considerazioni. Per esempio che il pregiudizio, essendo diffuso, svolge spesso una funzione rassicurante: «definisce e rinsalda la coesione di un gruppo disegnandone un’identità». Una considerazione che vale, in particolare, ai nostri giorni, per gli stereotipi che vanno diffondendosi riguardo agli immigrati. Con il che –ma anche con altri generi di luoghi comuni- si vede come i pregiudizi non siano «innocenti, né innocui, anche quando si presentano come neutri o addirittura positivi».
Partendo da ciò, il libro ci induce a ripensare i nostri pregiudizi, analizzarli da angolazioni spiazzanti, sottoporli a discussione dialettica. E ci accompagna attraverso piccole e grandi questioni che si insinuano nella nostra quotidianità e nelle nostre relazioni sociali, dalla disputa sulla liceità dell’uso della cipolla nella carbonara (Massimo Montanari) a quella che vorrebbe che “i bambini sono buoni” (Massimo Ammaniti). Passando per quelle sulle presunte caratteristiche di popoli e civiltà: gli africani sono pigri (Pietro Veronese), gli italiani sfaccendati e scialacquatori (Gregori De Felice), l’intolleranza dell’Islam (Franco Cardini). E quelle relative alla politica, alla globalizzazione, alla tecnologia, alla scuola. Con una forte presenza, così come nella realtà dei pregiudizi relativi alla donna (e all’uomo): la donna è mobile (Eva Cantarella), non sa guidare (Patrizia Grieco), è una costola dell’uomo (Sebastiano Mauri). Mentre l’uomo, ovviamente, è cacciatore (Massimo Pandolfi). E molti altri argomenti ancora.
Un libro che sottopone a dura prova, dunque, espressioni e convinzioni che affollano il discorso pubblico, grazie al lavoro di uno schieramento imponente di autori: storici, economisti, filosofi, scienziati, scrittori, sociologi. I quali adottano, in comune, uno stile leggero per affrontare argomenti che spesso leggeri non solo. E che ci forniscono angoli visuali che danno luogo a spiazzanti sorprese. Per esempio che l’abito può anche fare il monaco, perché anch’esso, come diceva Lacan, è un linguaggio che può «diventare strumento di lettura della realtà» (Antonio Marras). E che la matematica, d’accordo, non è un’opinione, ma –vista in un ceto modo, ci spiega Chiara Valerio- «è anche una posta del cuore», e, tanto che , «in un verto senso, ogni volta che svolgiamo un’equazione, diciamo la nostra opinione già nel modo in cui la svolgiamo». O, ancora, che la credenza secondo la quale la rete non ha padroni è contraddetta da molti fatti che mostrano come «è la prima volta nella storia dell’umanità che gli standard etici sono definiti da imprese private create a scopo di lucro» (Franco Bernabè).
Un campionario davvero ampio, impossibile da ripercorrere qui in poche righe, che non mirano, naturalmente, a sostituire a pregiudizi consolidati verità altrettanto inoppugnabili, ma vogliono spingere a riflettere, come ben sintetizza Giuseppe Antonelli: «Nessuno può essere d’accordo con tutte le voci dei diversi autori proprio perché quelle voci non si uniscono a un coro. Ma ognuna di quelle voci mira a metterci in crisi, a spiazzare le nostre certezze per costringerci a ripensarle sulla base di nuovi elementi».
L’incipit: Ènato prima il giudizio o il pregiudizio? La domanda non è banale, in realtà, perché il pregiudizio viene logicamente prima ma storicamente dopo. È solo dalla fine del Seicento, infatti, che la parola ha assunto il significato con cui è usata in questo libro. Ed è grazie alle idee illuministe importate dalla Francia che nel corso del Settecento è diventata una parola chiave del dibattito intellettuale. Ma anche una parola alla moda nel chiacchiericcio salottiero, come testimonia l’uso e l’abuso che ne fanno – all’epoca – le eroine dei romanzi d’amore e d’avventura. «Ecco formato in me a poco a poco, nell’età di soli anni quattordici, un carattere pieno pienissimo di tutti i pregiudizi del mondo, di tutte le debolezze della natura e di tutte le stravaganze del sesso» (Pietro Chiari,La viaggiatrice o sia Le avventure di madamigella E. B.). Così, quello che in latino era un giudizio anticipato in senso giuridico (ilpraejudicium era una sorta di accertamento preventivo) e nell’italiano medievale era già diventato un danno, un inconveniente, uno svantaggio, passa a indicare un preconcetto, un «antigiudizio». Ovvero, come riassume la definizione di un vocabolario ottocentesco: una «opinione falsa che previene il maturo e retto giudizio, prodotta da cattiva educazione o da altro mezzo vizioso».
(…) La credenza è un mobile ormaidémodé. Ma le credenze in quanto idee a cui ci si affida in modo fideistico sono sempre alla moda: cambiano, si trasformano, a volte resistono strenuamente al tempo. Sono tutte quelle cose che ognuno di noi crede di sapere sulla base non di una vera informazione, ma di una percezione più o meno passivamente condivisa. Come recita un facile aforisma, d’altronde, il pregiudizio peggiore è quello di chi crede di non avere pregiudizi.
Gli autori: Agnoli, Ammaniti, Anastasia, Andreatta, Anselmi, Antinucci, Augias, Azzariti, Banti, Barbujani, Basilone, Bauman, Bernabè, Bevilacqua, Bietti, Boitani, Borgna, Canfora, Cantarella, Canu, Carandini, Cardinale, Cardini, Castaldo, Castronovo, Cipolletta, Colarizi, Concia, Cornaglia-Ferraris, Croppi, Culicchia, d’Albergo, Dalla, Zuanna, Daveri, Davigo, De, Capitani, De, Felice, de, Lillo, (alias, Elasti), De, Romanis, Diamanti, Di, Paolo, Farinelli, Ferraris, Firpo, Foa, Focardi, Fresu, Giorello, Giovannini, Grieco, Guidoni, Iannetti, Iarussi, Lagioia, Lipperini, Magrelli, Manconi, Marras, A. Mauri, S. Mauri, Mercalli, Montanari, Onado, Orlandi, Pagnoncelli, Pandolfi, Petrini, Piccione, Pievani, Pignatone, Pinto, Reichlin, Remotti, Ricolfi, Romano, Roncaglia, Sami, Saraceno, Scego, Solimine, Spinelli, Ticca, Valerio, Valletti, Vanzina, Veca, Veladiano, Veronese, Viesti, Visco.