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(Nando Cianci)

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RITIRO SOCIALE
La solitudine di una generazione iperconnessa
, a cura di Matteo Lancini, Raffaello Cortina, Milano, pp. 334, € 26,00.

 Il libro: Centomila ragazzi italiani agli arresti domiciliari. Non in forza di sentenze della magistratura. Ma per scelta propria, se di scelta si può parlare. È questo il numero impressionante dei giovanissimi che nel nostro Paese vivono 24 ore al giorno, per mesi o anni, autoreclusi in una stanza, spesso con le tapparelle abbassate, avendo, come unico contatto con il mondo, la Rete. Ancora ”pochi” di fronte al milione di coetanei giapponesi di pari condizione, che in quella terra uno psichiatra ha etichettato come hikikomori, termine che corrisponde al nostro stare in disparte
Ma come si arriva a escludere dalla propria vita tutti i contatti diretti con gli altri e ad accettare solo quelli di natura virtuale?

La risposta che sorge spontanea è quella più facile: la colpa è di tutte le diavolerie tecnologiche che si sono impadronite dei nostri giovani. La più facile, ma anche la più comoda e, in fondo, superficiale. Perché, in realtà, l’autoisolamento, lo stare mesi o anni senza vedere nessuno, nasce dall’esperienza di vita che si conduce nella vita reale.
Del paradosso drammatico di una generazione che vive la solitudine pur essendo perennemente connessa in rete, si occupa questa nutrita raccolta di saggi, curata da Matteo Lancini ed edita da Raffaello Cortina, «frutto del lavoro di un’équipe che da circa quindici anni si interessa di giochi, affetti e relazioni adolescenziali in Internet» e di come quelle che nel linguaggio corrente vengono indicate come “nuove tecnologie” «abbiano modificato il modo di attraversare l’infanzia e di interpretare l’adolescenza; di come le esperienze virtuali sostengano la realizzazione dei compiti di sviluppo adolescenziale o segnalino la crisi evolutiva, una condizione di stallo, di disagio o dipendenza».
Come illustra con chiarezza il curatore nell’introduzione, la raccolta di saggi si articola in quattro parti. Nella prima viene messa in luce «la complessità odierna di una distinzione tra utilizzo evolutivo e problematico di Internet, con incursioni approfondite nel mondo dei videogiochi e dei social network». Nella seconda l’attenzione è rivolta «ai fenomeni di sovraesposizione virtuale, come il sexting e il cyberbullismo, e al significato evolutivo, e ai rischi, connessi alle esperienze in cui si investe denaro nel gioco». Fenomeni che illustrano il rapporto tra l’evoluzione tipica dell’età adolescenziale con la «società del narcisismo e di Internet». La terza parte entra nel cuore del problema cui abbiamo accennato all’inizio: l’autoisolamento e la reclusione sociale, dando conto anche di quel che si va facendo in Italia per affrontare il problema. Infine, nella quarta, i temi decisivi delle esperienze scolastiche in proposito e della prevenzione.
Ne sortisce un lavoro ricchissimo, che spazia sul complesso articolato dei temi avendo sempre ben presente che l’analisi dei fenomeni non può essere limitata ai problemi che essi manifestano, che le potenzialità educative esistono anche nel mondo della rete e vanno messe in luce, che la scuola e le famiglie possono e devono svolgere compiti educativi e di prevenzione fondamentali. Che gli adulti devono prendersi responsabilità alle quali troppo spesso vanno sfuggendo, cominciando dall’analizzare i propri comportamenti. Magari a partire da piccoli episodi della vita, che possono apparire banali ad uno sguardo distratto, ma che a loro modo segnano un cammino e una presenza non consapevole degli adulti. Ai quali va ricordato che si educa prima di tutto con il comportamento: comitati di genitori o istituzioni locali potrebbero «vietare agli adulti di riprendere attraverso uno smartphone, o qualunque altro apparecchio del genere, una recita di fine anno, un saggio musicale, una gara sportiva, così come una qualsiasi iniziativa in cui sia coinvolto un figlio, nipote o studente che non abbia compiuto i 14 anni di età. Vietato riprendere i figli fino al momento dell’iscrizione alla scuola secondaria di secondo grado. Obbligati a guardare dal vivo lo spettacolino dell’asilo, a seguire con gli occhi anche i figli degli altri, a offrire uno sguardo di ritorno diretto, una relazione rispecchiante e non riflettente».
Piccoli, ma sostanziosi consigli che giungono alla fine di un volume che, mediante una pluralità di contributi, sa mettere insieme la ricerca teorica, l’analisi della letteratura scientifica e la concreta esperienza quotidiana nei territori. Un volume di manifesta utilità per insegnanti, genitori, operatori sociali esponenti delle istituzioni e per chiunque voglia approfondire temi che, per la loro diffusione e intensità, non riguardano solo gli specialisti, ma l’intera società.

 

Il risvolto: Una generazione cresciuta “nella rete”: prendendo le mosse da uno dei fenomeni tipici del nostro tempo, gli autori si interrogano sui criteri per distinguere un uso adattivo dei social e dei videogiochi da un sintomo di malessere o dipendenza. Cyberbullismo, sexting, gioco d’azzardo e, in modo particolare, ritiro sociale sono alcuni dei comportamenti analizzati in questo testo, denso di riflessioni sui motivi della loro diffusione e sulle possibili modalità di intervento. 
La rivoluzione digitale ha creato ambienti espressivi nei quali non solo gli adolescenti sperimentano nuove possibilità di realizzazione, ma trovano rifugio in occasione di profonde crisi evolutive, in una forma di autoricovero che esprime sia il dolore sia un tentativo di alleviarlo o superarlo. In particolare, alla luce dell’esperienza maturata negli ultimi quindici anni, gli autori inquadrano la psicodinamica del ritiro sociale, oggi la più significativa manifestazione del disagio giovanile, e presentano gli orientamenti clinici che guidano la presa in carico dell’adolescente in una prospettiva evolutiva.

L’incipit: Ricordo molto bene uno dei primi colloqui successivi all’avvento di Internet. Padre e madre, entrambi manager, si presentarono puntuali, alle sette e trenta di mattina, impugnando un borsone sportivo contente cavi, console e modem, sottratti al figlio diciassettenne, mentre albeggiava. Tutto quello che oggi è compresso in un oggetto voluminoso quanto uno smartphone, all’epoca aveva bisogno di una sacca extralarge. Erano le prime avvisaglie di un’ondata di richieste di aiuto provenienti da genitori convinti di avere figli dipendenti da Internet. Negli anni, i cavi sono scomparsi a favore di nuvole di dati, i device si sono evoluti, gli ambienti virtuali frequentati dagli adolescenti sono cambiati e, insieme a quelli, anche le preoccupazioni dei genitori. A un certo punto pure l’assenza di relazioni virtuali è diventata segnale di disagio, come nel caso di una mamma di una quattordicenne che, durante il primo colloquio, non vedendomi sufficientemente preoccupato rispetto alla situazione che mi stava descrivendo, mi incalzò affermando: Ma lei ha capito che mia figlia non è neanche sul gruppo WhatsApp della classe?”. In effetti, un segnale abbastanza preoccupante, visto che la ragazza e un altro compagno erano gli unici, tra i ventisei membri della classe, a non essere inclusi nelle relazioni pomeridiane di quell’aula di liceali. Nel corso del tempo sono transitati nei nostri studi adolescenti che utilizzavano Messenger, Facebook, Ask, Snapchat e Instagram; ambienti virtuali a me del tutto ignoti, mentre mi sembra di aver capito qualcosa del modo in cui hanno vissuto nella mente dei giovani pazienti, della funzione che hanno svolto nella quotidianità dei ragazzi e delle ragazze che ho incontrato in questi anni. […]
Il tempo cambia le cose, se è vero che in gioventù ero stato preparato ad affrontare, come psicologo e futuro psicoterapeuta dell’adolescenza, maschi invasati di sesso e motorino, e, negli ultimi anni, incontro giovani interessati a tutto, meno che ad avere un’intensa attività sessuale e a far morire di paura la madre con l’acquisto di u cinquantino allo scoccare dei 14 anni. La solitudine di una generazione iperconnessa.

 

Il curatore: Matteo Lancini, psicologo e psicoterapeuta, è presidente della fondazione Minotauro di Milano e insegna presso il dipartimento di Psicologia dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Nelle nostre edizioni ha pubblicato Giovane adulto (con F. Madeddu, 2014) e curato Il ritiro sociale negli adolescenti (2019).

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