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dominioSchiavi, animali, macchine, Intelligenza Artificiale, di Remo Bodei, il Mulino, Bologna, pp. 408, € 28,00.

Dominio e sottomissione sono i due termini di un rapporto di potere fortemente asimmetrico che innerva la storia dell’umanità e che nella civiltà occidentale ha conosciuto numerose metamorfosi. Di questa vicenda millenaria il libro offre una magistrale ricostruzione, mettendo a fuoco alcuni momenti esemplari e sempre soffermandosi sulle teorie filosofiche che hanno plasmato i nostri modi di pensare, sentire, agire, e sulle implicazioni antropologiche, politiche e culturali connesse ai cambiamenti. A partire dalla tradizione antica della schiavitù che trova in Aristotele la sua più potente legittimazione, il racconto si snoda lungo i secoli per concentrarsi sull’evoluzione delle macchine chiamate a sottrarre il lavoro umano prima agli sforzi fisici più pesanti, poi a quelli mentali più impegnativi. Un processo che continua oggi con i prodigiosi sviluppi dei robot e degli apparecchi dotati di Intelligenza Artificiale o, detto altrimenti, con il trasferimento extracorporeo di facoltà umane come l’intelligenza e la volontà, e il loro insediamento in dispositivi autonoli.

Le recensioni«Vivere è un’arte e non una scienza», cosicché «la gestione ottimale del tempo della vita da parte di ognuno è probabilmente la conquista più preziosa ma anche la più difficile», ragionava nel suo recentissimo Dominio e sottomissione (il Mulino) Remo Bodei, scomparso 81enne a Pisa giovedì 7 novembre. Professore emerito all’Università della città toscana, in cui aveva iniziato i suoi studi accademici presso la Scuola Normale Superiore, il filosofo e storico delle idee occupa un posto di assoluto rilievo nel panorama della cultura italiana. Vi ha contribuito con una serie di studi ricchissimi in erudizione, capaci di parlare a un vasto pubblico istruito, e intessuti di un pensiero aperto e umanistico nel senso più pieno.
Non a caso, chiudendo il libro che diventa ora il suo alto commiato, auspicava una sintesi tra homo laborans, homo agens e homo contemplativus, «non per cercare una via di fuga dal mondo», bensì «per non svalutare e sprecare la propria vita». (Avvenire, 9 novembre 2019)

Dominio degli uomini su altri uomini, degli uomini sugli animali; dei maschi sulle femmine; degli uomini sulle macchine e, nel gran finale aperto, dominio di noi sui robot o dei robot su di noi. Il dominio di alcuni e la sottomissione di altri è il motivo conduttore – ma di motivi ce ne sono tanti altri – della grandiosa sinfonia composta da Remo Bodei in questo libro a più piani in cui si analizzano il passato e la storia congiungendoli col nostro presente fugace e con il futuro dell’attesa, del timore, dell’imprevedibilità. Senza però che il sistema del dominio, in cui alcuni che detengono il potere comandano e altri sono comandati e sottomessi, diventi il modo «naturale» di pensare e agire degli umani che stanno insieme politicamente.
[…] Quello di Bodei è piuttosto uno sforzo di comprendere come sia (stato) possibile che esseri umani abbiano trasformato altri esseri umani in schiavi costretti a lavorare in condizioni disumane, o a far vivere lavoratori salariati in condizioni di quasi schiavitù. […]
(Francesca Rigotti, il sole 24 ore, 27 ottobre 2019)

[…] Cosicché, parafrasando il Vangelo di Giovanni, si può ben dire che il Verbo, dopo essersi fatto carne, si è fatto macchina. Ma cosa accade alla vita umana quando lo spirito comincia a soffiare sul non vivente?
Attraverso un racconto, insieme rigoroso e avvincente, Bodei risponde a questa domanda senza cedere né al trionfalismo dei tecnofili né al vittimismo dei tecnofobi. […] La figura che si delinea è quella, ambivalente, del pharmakon – insieme medicina e veleno, risorsa e rischio. A partire dall'assoluta specificità dell'esperienza umana. […] Dagli antichi imperi alla conquista spagnola dell'America, alla tratta dei neri, la schiavitù è stato il motore inconfessabile della civilizzazione.
Il numero delle sue vittime è infinito, prima che l'idea di dignità umana si facesse largo, tra mille contraddizioni e arretramenti. Poi gli uomini hanno cominciato a costruire macchine, automi, destinati a sostituire le braccia degli schiavi. Usate inizialmente per destare meraviglia – come un'astuzia, un trucco (è il significato del termine mechane in greco) capace di ingannare la natura –, le macchine sono diventate strumenti per risparmiare energia animale e umana. Più tardi iniziano a incorporare "pensieri ciechi" (Leibniz), rappresentazioni incoscienti, liberando la mente dell'uomo a prestazioni superiori. Da questa trasformazione nasce la civiltà industriale, che rende poco a poco inutile la schiavitù.
Ma oggi assistiamo a un passaggio ulteriore e più problematico. Le macchine, divenute esse stesse intelligenti, non si limitano ad agevolare, ma tendono a sostituire e determinare le scelte umane, spingendo ragione, volontà e immaginazione fuori di noi. Le implicazioni antropologiche, politiche, etiche di tale trasformazione sono immense.
(Roberto Esposito, la Repubblica, 07 settembre 2019)

L’incipit: Dando un veloce sguardo a fenomeni di lunga durata, è facile constatare che tra gli animali esistono rigide gerarchie – basti pensare ad api, termiti o formiche –, ma che in nessun caso si possa osservare tra loro prestazioni lavorative diverse da quelle codificate dall’evoluzione. A un certo punto della loro storia, con la fine del nomadismo e la comparsa della guerra come continuazione della caccia e delle schermaglie accidentali, solo gli uomini, invece di mangiare o uccidere i propri nemici, li hanno trasformati in schiavi, utilizzandoli a scopi economici.
La nostra specie ha poi cominciato a costruire strumenti, macchine e automi. A differenza delle macchine semplici (leva, cuneo, piano inclinato, carrucola o vite9 e di quelle complesse (argani, gru, catapulte), dotate di evidenti scopi pratici, gli automi erano stati a lungo utilizzati a fini ludici per suscitare una inquieta meraviglia. Grazie a sistemi di aria calda compressa si erano, infatti, costruite colombe di legno in grado di volare, porte di templi che si aprivano da sole o ingegnose statue metalliche che suonavano strumenti musicali. Solo nella Roma tardo-repubblicana, con l’invenzione del mulino ad acqua a ruota verticale, i dispositivi automatici assunsero un ruolo immediatamente economico e, per la prima volta, alleviarono la fatica delle schiave, costrette in precedenza a macinare a mano i cereali.

 L’autore: Remo Bodei era professore emerito dell’Università di Pisa. Ha insegnato a lungo alla Scuola Normale Superiore e nella University of California a Los Angeles. Tra i suoi libri pubblicati con il Mulino ricordiamo: Le forme del bello (20052), Ira. La passione furente (2010), Piramidi di tempo (20122), La civetta e la talpa. Sistema ed epoca in Hegel (20142), Ordo amoris (20153), Limite (2016), Scomposizioni (20162)

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