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La scuola serve a vivere meglio, non a produrre di più
(Nando Cianci)

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Scuolaslow è una piazza nella quale incontrarsi, discutere, raccontare le riflessioni, le esperienze, le pratiche intrecciate con l'idea di una scuola slow, vale a dire sottratta...

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SCUOLA SENZA MURI

di Laura Bosio, Enrico Damiani Editore, Milano, 2019,  pp. 136, € 14,00.

Vengono da lontano. Si chiamano Makan, Idowu, Teresa, Bomani, Trésor, Mariela, Amadou. I loro fragili passaporti li condannerebbero a restare dove sono, nel deserto della miseria e della guerra, ma non hanno altra scelta. Come Giacobbe che combatte tutta la notte al buio in un estenuante corpo a corpo con uno sconosciuto, attraversano il mare in una lacerante e disumana ricerca di salvezza, di identità. Identità che non hanno neppure le parole per esprimere.
Laura Bosio, che insieme a tanti volontari li accoglie nelle aule della sua scuola senza muri, dove “italiano” significa ascolto, dialogo, incontro inaspettato, dà voce alle loro storie, incrocia i loro sguardi, accoglie le loro reazioni quando, costretti a rispondere “bene” alla domanda “come stai?” del manuale, “nove volte su dieci ridono, rovesciandosi all’indietro sullo schienale della sedia e allargando le braccia” per la risposta talmente inverosimile. E in questo mondo di rabbia e disprezzo, di pregiudizi e di muri, trova spazio il più autentico cuore di un sogno, quello dei migranti e del nostro: perché, dice Laura, nonostante tutto noi siamo qui, “sulle sedie multicolore, gomito a gomito, davanti a un libro aperto, a guardarci negli occhi mentre diciamo: Io sono, affermando il semplice diritto di esistere”.
In queste pagine, intrecciando le storie dei suoi allievi migranti con echi della letteratura e dell’arte, Laura Bosio dipana i fili di una trama che ci parla di umanità, accoglienza e disponibilità.

 

C’è dentro la storia della nostra esperienza umana e didattica, sociale e antropologica, una straordinaria galleria di volti e storie: Felix, coi pantaloncini corti e l’occhio strabico, Amadou e Makan, maliani ambrosiani, Annabel, nigeriana col suo bambino di sei mesi nato da uno stupro, Pascal, rifugiato politico, Idowa, ghanese dagli incisivi storti, Alì, somalo alto un po’ scontroso. Non si finirebbe più di chiamarli all’appello insieme ai loro insegnanti volontari, donne e uomini speciali, pronti a regalare qualcosa di se stessi in cambio del mondo intero. […] C’è sempre stato in Laura Bosio un respiro stilistico originale, una capacità unica di entrare in sintonia coi mondi interiori che l’appassionano, antichi e moderni, un senso profondo della storia patria, come dimostra anche il testo composto insieme a Bruno Nacci, Da un’altra Italia (2014).

A ben riflettere, Una scuola senza muri è una sintesi fantasmatica di tutto questo, come se nell’impegno di Hamzah e negli occhi di Mariela, studenti della Penny Wirton, Laura avesse ritrovato lo stupore che da bambina faceva spingere sui pedali Caterina Guerra, la giovane protagonista di un altro suo commovente romanzo, Le notti sembravano di luna (2011). […

(Eraldo Affinati, http://www.iquadernidellapennywirton.it/2019/11/07/libro-scuola-senza-muri-laura-bosio-recensione/, 7 novembre 2019)


L’incipit: Salgo le scale che portano alle aule. Sono le due del pomeriggio, ma il corridoio è buio. È dicembre del resto. Cerco il pulsante della luce, lo pigio e dul soffitto si accendono dei tubi al neon. Entro nella prima stanza a sinistra. I tre tavoli di legno chiaro, uniti al centro, formano una massa compatta, le sedie di colori diversi sono impilate accanto alle pareti. Quando don Grampa mi ha mostrato i locali dove la scuola sarà generosamente ospitata, mi hanno fatto allegria. Adesso mi intimoriscono un poco. Mi dirigo alle finestre, sollevo le tapparelle. I termosifoni sono tiepidi, io ho le mani gelate. Senza togliere il cappotto, appoggio la borsa sopra l’unico armadietto e comincio a separare i tavoli, metto le sedie intorno. Sento rumore di passi sulle scale, mi precipito ai vetri. Nessuno. In strada, vicino al cancello, ho appeso un foglio: “Scuola di italiano per stranieri primo piano”. Qualcuno verrà? Anna Luce, la moglie di Eraldo Affinati che con lui ha fondato a Roma la prima PennY Wirton otto anni fa, di fronte alle mie esitazioni ha detto: “Ho capito, tu vuoi fare tutto bene. Ma in queste cose si fa e basta. Buttati, apri la scuola”. L’ho fatto, anche se è dicembre e le scuole sono già cominciate. Ma la nostra è una scuola un po’ diversa dalle altre, non ha iscrizione formale e accoglie tutti durante l’intero anno scolastico, anche solo per un mese, due settimane, un giorno.

L’autrice: Laura Bosio, nata a Vercelli, vive e lavora a Milano. Tra i suoi libri: I dimenticati (Feltrinelli, 1993, Premio Bagutta Opera Prima), Annunciazione (Mondadori, 1997, Premio Moravia; nuova edizione Longanesi 2008), Le stagioni dell’acqua (Longanesi, 2007, finalista Premio Strega), Le notti sembravano di luna (Longanesi, 2011) e, con Bruno Nacci, Da un’altra Italia (Utet, 2014) e Per seguire la mia stella (Guanda, 2017). Ha curato volumi antologici sull’esperienza mistica, filosofica e spirituale nella letteratura delle donne, confluiti in D’amore e di ragione. Donne e spiritualità (Laterza, 2012). Dal 2015 dirige a Milano la scuola di italiano per migranti Penny Wirton, nata a Roma nel 2008 per iniziativa di Eraldo Affinati e Anna Luce Lenzi e poi diffusa in molte città d’Italia.

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