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CHIUDETEUna modesta proposta, di Christian Rocca, Marsilio, Venezia 2019, pp.144, € 12,00 

La rivoluzione digitale ha cambiato la nostra quotidianità, ha ridisegnato radicalmente il mondo che abitiamo, offrendo possibilità inaudite di sviluppo, di conoscenza e di divertimento. Allo stesso tempo, però, la promessa di nuova libertà si è rivelata campo di battaglia per altri monopoli, terreno fertile per interessi opachi, conflitti e forme crescenti di controllo e dispotismo. Osservatore entusiasta dei fenomeni della rivoluzione digitale riguardo all’avanzamento della libertà, alla riduzione della povertà globale e alla costruzione del mito dell’incontenibile progresso economico e tecnologico di questi anni, Christian Rocca lancia un duro j’accuse contro la società che vuole fare a meno della competenza e dell’esperienza. A minacciare seriamente il mondo contemporaneo è l’idea che i social network siano strumenti neutri e quindi non responsabili delle informazioni che veicolano. In un pamphlet che è allo stesso tempo sfida ambiziosa e proposta provocatoria per rivendicare i nostri diritti di cittadini digitali, l’autore definisce la necessità e analizza i vari modi possibili di regolamentare le grandi piattaforme digitali. Altrimenti non ci saranno rimedi da opporre alla fine del mondo come lo conosciamo.

[…] Rocca, inviato del Foglio, direttore del supplemento Il al Sole-24 ore, editorialista della Stampa, è stato tra i primi – pochissimi e irrisi dalle grandi firme – giornalisti italiani a riconoscere nella rete il dna del XXI secolo. Non una «macchina per scrivere» o una «linotype» trasformata in computer e wi-fi, no, un modo diverso di pensare la realtà, viverla, concepire in essa pensieri e identità. Rocca comprende quel che sfigge a tanti: non esiste una «realtà virtuale» opposta alla «realtà reale», i tweet del presidente Trumpo pesano come un suo decreto di emergenza nazionale, gli algoritmi che decretano chi riceve il mutuo della banca, chi passa gli esami di ammissione a un corso universitario, quali malati hanno la precedenza in corsia sono solo una raccolta di opinioni, interessi, convenzioni umane, da rendere trasparenti e diversi, non opera di malefici robot di Intelligenza Artificiale.
[…] La crisi delle democrazie, le bugie del Cremlino, l’egemonia cinese non sono state indotte nel XXi secolo dal web che le anime belle consideravano panacea dei mali, ma il web le rivela nella loro aspra crudezza. Poiché non potremo «chiudere Internet» e le regole, pur necessarie, non basteranno, il tema strategico dopo l’appassionata arringa di Chtistian Rocca è: come far prevalere interessi e narrative democratiche online?
(Gianni Riotta, La Stampa, 20 marzo 2019)

Anche con le altre rivoluzioni industriali (e questa lo è) o si reagiva come i luddisti o si subiva il cambiamento, oppure - ed è quello che vorremmo fare noi - bisogna governarlo. «Oggi le radio e le televisioni - scrive ancora Rocca - vivono grazie a concessioni governative, operano sotto regolamenti antitrust, sono obbligati a fare servizio pubblico». Lo stesso, sottolinea, andrebbe fatto per internet, invece non accade. Ma se non lo si fa, se non si capisce il grave rischio che stiamo correndo, tanto vale - è la “modesta proposta” di Rocca - chiudere internet. Dire basta. Arrendersi. Una provocazione, che Rocca aveva già lanciato quando era direttore de “IL Magazine” del Sole 24ore, e che oggi sembra ancora più attuale. Pregnante. Eppure c’è qualcosa che resta fuori. E siamo noi. La cultura che abbiamo introiettato, quello che siamo diventati. Internet ci è talmente entrato dentro, ci ha talmente cambiati, che non basterebbe - anche se è necessario - regolamentarla. La sfida che va parimenti lanciata è quella culturale. La società del rancore, ora vero e proprio odio, descritta dal Censis, corre parallela al web: se ne nutre, si rafforza sui social, succhia il sangue di internet ma poi agisce nella realtà, sfoga nella vita reale il rancore accumulato. Prendiamo le fakenews e il filo sottile che le separa dal modo di fare informazione oggi. Tutte le fakenews sono cattiva informazione, ma non tutta la cattiva informazione è una bufala. Un esempio è costituito dal tema del processo mediatico che qui sul Dubbio abbiamo sviscerato e continueremo a farlo: non sempre si tratta di false notizie, ma di notizie date male, di un linguaggio che invece di chiarire, confonde, istigando le persone all’odio, ai processi sommari, alla gogna. Non basta regolamentare. E’ necessario disinnescare un meccanismo ormai troppo ben oliato, smontare un linguaggio ormai diffuso, pensare i diritti fuori dalla logica dei confini, della discriminazione. Non è facile. Ma necessario. Altrimenti la provocazione di Rocca diventa una realtà e oltre a chiudere internet, si chiude tutto, arrendendosi alla barbarie.(Angela Azzaro, Il dubbio, 10 maggio 2019)

L’incipit: In Divertirsi da morire, un saggio sulla televisione scritto nel 1985, quando Internet era ancora roba per scienziati, il critico americano Neil Postman diceva che dei due grandi romanzi distopici del Novecento, 1984 e Il mondo nuovo, il più realistico non era quello di George Orwell, come si credeva, ma quello scritto da Aldous Huxley.
Per ricapitolare la tesi analogica di Postman sulla società occidentale, a aggiornarla al nostro tempo digitale, il «Guardian» ha ricordato che Orwell, con
1984, immaginava che la civiltà moderna sarebbe stata distrutta dalle nostre paure. In particolare quella di essere sorvegliati, e di essere controllati psicologicamente dal famigerato Grande Fratello, mentre Huxley, con Il mondo nuovo, spiegava che la rovina dell’umanità sarebbe arrivata dalle cose che ci piacciono e ci divertono, perché l’intrattenimento è uno strumento di controllo sociale più efficiente della coercizione. Huxley ci aveva preso più di Orwell, insomma, ma quello era ancora, soltanto, il tempo della televisione. Poi è arrivato Internet, una tecnologia che in un colo solo ci ha regalato entrambi gli incubi immaginati dai due romanzieri inglesi, sia la sorveglianza da parte di Stati e corporation, come temeva Orwell, sia la dipendenza passiva da app e strumenti tecnologici simile agli effetti sedativi e gratificanti della droga «soma» che, secondo Huxley, possedeva tutti i vantaggi della cristianità e dell’alcol, senza averne nessuno dei difetti.

 

L’autore: Christian Rocca è editorialista della «Stampa». Ha diretto «IL», magazine del «Sole 24 Ore», quotidiano del quale è stato inviato speciale. È stato anche caporedattore e corrispondente dagli Stati Uniti del «Foglio». Per Marsilio ha pubblicato Non si può tornare indietro. Cronache brillanti dall’Italia che cambia (2015). Il suo ultimo libro, scritto con Francesco Franchi, è The Intelligent Lifestyle Magazine: Smart Editorial Design, ideas and Journalism (Gestalten, 2016).

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