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Destini del desiderio nel tempo ipermoderno, di Massimo Recalcati, Raffaello Cortina, Milano, 2019, pp. 218, € 19,00.
Gli esseri umani preferiscono le tenebre alla luce? La schiavitù alla libertà? La vita morta alla vita viva? Dopo L’uomo senza inconscio, Massimo Recalcati ritorna con questo libro a interrogare la clinica psicoanalitica nel suo rapporto con le trasformazioni cruciali della società contemporanea e della psicologia delle masse. Al centro non è più la dimensione perversa di un godimento neo-libertino che rifiuta la Legge, ma il ritiro sociale del soggetto, la sua introversione melanconica. Il muro emerge come il simbolo inquietante del nostro tempo; è il muro della chiusura della vita nei confronti della vita; è la tendenza neo-melanconica al rifiuto della trascendenza dell’esistenza; è la pulsione securitaria che vorrebbe trasformare il confine da luogo vitale di scambio a bastione, filo spinato, porto chiuso. La sagoma perturbante della pulsione di morte, che la psicoanalisi dopo Freud avrebbe voluto ripudiare, ritorna prepotente sulla scena della vita individuale e collettiva.
Le recensioni
Nel suo ultimo libro, Le Nuove Melanconie (Raffello Cortina), lo psicanalista Massimo Recalcati porta a riflettere sul passaggio già consumato della crisi del sistema capitalistico e su quel che resta del «turbo-consumatore ipermoderno», orfano dell’illusione di non avere né limiti né confini. Il "vuoto" che è rimasto dopo questa crisi, potremmo dire le macerie lasciate dal crollo dei mutui subprime, sta producendo «angoscia» e una «nuova domanda di sicurezza». Ed è in questo, scrive Recalcati, che si registra «l’affermazione di una nuova melanconia che corrompe la trascendenza vitale del desiderio, assegnando al desiderio stesso un destino di morte». Come dire: possono ancora nascere figli in una società che esprime un bisogno clinico di muri? Che sta melanconicamente delineando il proprio fine-vita? (Massimo Calvi, Avvenire, 26/11/2019).
Le riflessioni delle Nuove melanconie si inseriscono in una continuità storica più che secolare, che prende avvio con Sigmund Freud e ben presto si ramifica nelle pionieristiche indagini di Gustave Le Bon sulla psicologia delle folle, nei contributi di Erich Willielm Reich, Erich Fromm e Henri Lefebvre su nazismo e fascismo, nel classico Massa e potere di Elias Canetti, su su fino all’anatomia delle “passioni tristi” proposta da Miguel Bernasayag . al disvelamento del nucleo oscuro nascosto sotto la “liquidità” moderna di cui si è occupato Zygmund Bauman, alla tempestiva denuncia dell’ossessione per la sicurezza da parte di Mauro Magatti. […]
Questa è, del resto, una delle questioni decisive su cui si sofferma il Recalcati delle Nuove melanconie: viviamo in un tempo che pretende di sottrarsi alla dimensione simbolica. Quando costruiamo un muro, per esempio, ci illudiamo che si tratti soltanto di un manufatto, calcio e mattoni, acciaio e cemento. Come se ognuno di questi elementi evocasse un sistema di linguaggio, come se qualsiasi costruzione non implicasse una visione del mondo. […]
Anziché aprirsi verso l'esterno (e quindi verso l'altro), la società del XXI secolo esterno preferisce rinchiudersi entro confini che considera rassicuranti, nella malriposta speranza di riuscire a eludere la complessità dell’esistenza individuale e collettiva. Non si tratta di un'esclusiva di nazionalisti e sovranisti, perché questa implicazione "fascista" dell'inconscio non appartiene solo ai fascisti, veri o p presunti, dichiarati o immaginari. Bisogna sempre sapere con chi si ha a che fare, specie quando si ha a che fare con sé stessi. A, questo, in fondo, serve la psicoanalisi. (Alessandro Zaccuri, Avvenire, 30/11/2019)
L’ultimo libro di Recalcati, «appena pubblicato da Cortina, costituisce un ulteriore, significativo, tassello di una tela che intreccia con straordinaria efficacia categorie analitiche e dinamiche socio-culturali. Il presupposto che la sottende è l'idea, presente già in Freud, che non esista rigida separazione tra vicende individuali ed eventi collettivi. Se ciò è vero, gli uni possono servire a spiegare gli altri, in una relazione, mai meccanica, che getta nuova luce su entrambi. La storia di questi anni, non solamente italiana, ritrova in tal modo una leggibilità che spesso manca agli studi sociologici o politologici, incapaci di discernere il significato di fenomeni apparentemente contraddittori».(Roberto Esposito, la Repubblica, 10/11/2019)
La colpa di «esistere» è a l'elemento fondamentale della melanconia, uno stato che fa percepire la realtà come priva di senso così che chiudersi nel «proprio mondo» diventa l'unica soluzione possibile. Il soggetto melanconico alza un muro simbolico che lo separa dagli altri, un'azione psichica privata che diventa anche pubblica: non viviamo forse un'epoca che della chiusura, dell'esclusione e del rifiuto (anche e soprattutto della trascendenza) ha fatto un simbolo? Massimo Recalcati usa gli strumenti della psicoanalisi per avviare una riflessione sul nostro tempo e le tante illusioni della società liquida «senza bussola, cinica e narcisista» (M.V., Corriere salute 21/11/20129)
L’incipit: Il secolo della grande paranoia è alle nostre spalle. I cimiteri generati dal delirio di massa delle ideologie totalitarie appartengono al dramma della nostra memoria storica. La nuova psicologia delle masse non si costituisce più sull’identificazione verticale e idealizzante con il leader, ma si sbriciola in un flusso frastagliato di monadi. L’atomizzazione in questi ultimi decenni ha prevalso sulla massificazione. Tutti i maggiori studiosi delle trasformazioni interne allo spirito del capitalismo ipermoderno e del loro impatto sulla psicologia sociale – pur divergendo sia sulle conclusioni generali che su analisi specifiche – mettono giustamente in luce il carattere liquido, fluido, sparpagliato delle masse occidentali e del godimento ipermoderno. La globalizzazione, la libertà senza Legge dei mercati, l’abbattimento neo-liberista dei confii nazionali, il culto freneticamente nichilistico del consumo, il godimento come nuova configurazione neo-libertina della Legge, come inedito “fattore politico”, esaltano la dimensione senza argine, clinicamente maniacale, della pulsione neo-liberale. Il paradigma della clinica del vuoto, che ho personalmente teorizzato a cavallo tra gli anni Novanta e l’inizio del nuovo secolo e riarticolato più recentemente ne L’uomo senza inconscio, si sosteneva proprio su questa enfatizzazione del godimento della vita individuale e collettiva. La spinta compulsiva al consumo coincideva con il crollo delle contrapposizioni ideologiche e con la fine del primato della grande paranoia nella strutturazione dell’ordine politico e sociale dell’Occidente. In primo piano non era più l’identificazione idealizzante al capo, né la cementificazione di legami sociali di massa solidi, ma la metamorfosi della mancanza in un vuoto smarrito, avido e impersonale che anela incessantemente al suo riempimento.
L’autore: MassimoRecalcati, tra i più noti psicanalisti in Italia, insegna alle Università di Pavia e Verona. Dirige l’IRPA (Istituto di ricerca di psicoanalisi applicata) e collabora con la Repubblica. I suoi libri sono tradotti in molte lingue. Per Raffello Cortina ha pubblicato. Tra gli altri, L’uomo senza inconscio )2010), i due volumi su Jacques Lacan (2012-2016), Cosa resta del padre? (2017), Contro il sacrificio (2017) e Alimentare il desiderio (con M. A.Rugo).