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LA VOCE DELLE SIRENEI Greci e l’arte della persuasione, di Laura Pepe, Laterza, Bari-Roma. 2020, pp. 206, € 18,00.

«Secondo una celebre e fortunata espressione omerica, le parole sono alate: non tanto come gli uccelli, ma piuttosto come le frecce, che tagliano l’aria veloci per andare dritte al bersaglio e far breccia nel cuore di chi le ascolta. Da sempre i Greci sanno che la parola serve a convincere, a mostrare che cosa è vero e che cosa è giusto. Ma sanno anche che essa ha in sé una forza magica: può trasformarsi in incantesimo, capace di dominare e di trascinare l’animo di chi ascolta; di ammaliare come la musica e di curare come una medicina; ma, soprattutto, di ingannare e di illudere».

Per gli antichi le Sirene erano mostri orripilanti, per metà uccelli e per metà donne. Eppure, esse avevano qualcosa che le rendeva irresistibili: la voce, suadente e ammaliatrice. Insieme ad altre figure mitologiche a loro affini come Circe, Calipso ed Elena, le Sirene sono in questo libro le protagoniste della prima tappa di un cammino che, partendo da Omero e a Omero ritornando, si concentra sull’Atene del V secolo, la città della democrazia e della parola. Ripercorrendo storie poco note e celebri passi di prosa e di poesia, Laura Pepe indaga le incredibili potenzialità di peithó, persuasione, la parola che insieme seduce e convince. Sovrano potentissimo, la parola è capace di compiere le imprese più divine: sa convincere del vero e del giusto, ma può anche illudere e ingannare. Scopriremo la sua forza in queste pagine, guardando ai protagonisti della politica che arringano il popolo riunito in assemblea, agli accusatori e agli accusati che si industriano a convincere i giudici del tribunale e, infine, a quei maestri di persuasione che furono i sofisti. E ancora una volta saremo grati alla Grecia antica, che – tra storia, mito, poemi e filosofia – ha dato forma al nostro modo di pensare e di confrontarci con il mondo.

Da alcune recensioni: […] Laura Pepe, docente di Diritto greco antico all'Università di Milano, nel suo ultimo libro ripercorre bene la storia di Peithò indicando a noi la via perché la consapevolezza antica non vada perduta e possa invece riprendere vita in tempi in cui la demagogia populista ha preso il largo. S'intitola La voce delle Sirene. I greci e l'arte della persuasione (Laterza, pp. 206, euro 18) questo libro alla portata di tutti ma fondato su studi seri e accurati, calibrato dunque sulla qualità della migliore divulgazione. […]
Se il demagogo parla alla pancia, chi al demagogo si oppone deve parlare alla testa. Niente di più sbagliato. Gli antichi greci lo mostrarono con chiarezza. E questo libro ci aiuta a mettere assieme le loro più disparate riflessioni. Dalle sirene che incantano Odisseo a Odisseo che sa ingannare chiunque; da Era che seduce Zeus per lasciare un segno sulla guerra di Troia a Elena che abbindola Menelao dopo averlo lungamente tradito pur di tornare in patria e non essere uccisa: dai Sofisti a Socrate, con un uso della parola che incanta e rende spaesati; da Platone a Aristotele: studi sempre più raffinati, mentre, nell'Assemblea dove la democrazia trionfa, è diventato assolutamente necessario parlare, persuadere, ammaliare. Con la sua nota purezza di ragionamento è Aristotele a offrirci il miglior compendio del buon persuasore capace di sedurre. Questi deve innanzitutto lasciare che le sue parole ne rispecchino il carattere (l'ethos), il che significa mostrare autorevolezza, chiarezza, misura; deve poi avvalersi di argomentazioni logiche (il logos) per parlare alla testa di chi ascolta; ma deve anche e soprattutto toccare l'emozione (il pathos), mettendo in movimento i sentimenti, e ciò significa che deve parlare non soltanto alla testa ma anche a quelle parti dell'anima che non sono esclusivamente razionali. […] Parlare al cuore. Si tratta di un termine che i greci non usavano come è comune fare oggi. Essi facevano riferimento all'anima e alle passioni dell'anima, che erano molteplici, ma una su tutte le dominava: eros. Ossia l'amore, ma non l'amore sessuale, semmai l'amore che è passione e ci travolge e spinge alle più alte conquiste. L'amore che ci attraversa con potenza e ci proietta in una ricerca costante, la migliore delle quali è la saggezza e la sapienza. I greci la chiamarono usando un composto che ha avuto fortuna eterna. L'amore (philia) di sapienza (sophia) fu la filosofia. Dunque l'attività di chi è spinto dalle emozioni a raggiungere mete ideali, a mettere in discussione le verità rivelate, a cercare costantemente una via migliore per realizzare la giustizia e vivere una vita felice. Il vero compito insomma di chi si prende cura della propria città, la polis, e per questo fu detto politico.
(Matteo Nucci, L’Espresso, 15 novembre 2020)

[…] Atene "fu culla della democrazia e della parrhesia, la libertà di parola che permetteva a tutti di esprimere la propria opinione nell'interesse collettivo", e la peithó era il requisito necessario a chi volesse persuadere il pubblico con successo. Per sempre grati alla testimonianza scritta di Tucidide in "Guerra del Peloponneso", uno dei persuasori indiscussi dell'antichità fu Pericle, uomo politico ateniese e padre della democrazia, che con un discorso memorabile, come lo definisce Laura Pepe, convinse e insieme commosse gli ateniesi a diventare "amanti" della loro città, poiché "peithó sedeva sulle sue labbra", disse di lui il poeta comico Eupoli. Pericle era la summa di razionalità ed emozione, prerogativa dei più abili rhétores - tutti uomini - che prendevano parte all'agorà, la pubblica piazza, luogo di esercizio della parola e della persuasione, almeno finché uomini incorruttibili e perbene, come specificherebbe Aristotele, non hanno lasciato spazio ai quei modi piazzaioli fatti di insulti e arringhe sguaiate, tanto cari ai nostri di politici. Eppure, persuadere significa indurre una persona a riconoscere un determinato fatto in quanto vero, insomma, nulla di rassicurante. Dunque, qual è la relazione tra persuasione e verità? E soprattutto, la parola ammaliatrice merita la nostra fiducia? Protagora, sofista per eccellenza, era convinto che di un argomento si può dire una cosa e il suo contrario: "Rendere più forte il discorso più debole" poiché "la propria verità è preferibile rispetto alla verità altrui". Non ha tutti i torti del resto, se si pensa alle due verità-accusa e difesa - protagoniste nei tribunali, di cui Laura Pepe ci regala alcuni godibili esempi tra cui il processo a Socrate. (Olga Brandonisio, Il Foglio, 10 novembre 2020)

L’incipit:L’imperatore romano Tiberio era noto per essere molto appassionato di miti. Per soddisfare il suo desiderio di conoscere sin nei più piccoli dettagli quegli antichi e affascinanti racconti. Egli si era circondato di esperti a cui amava porre quesiti così astrusi e complicati che qualche volta neppure loro erano in grado di rispondere. Era quel che capitava, per esempio, con questa domanda: «Che cosa sono solite cantare le Sirene?».
Le Sirene le conosciamo tutti. Per la maggior parte di noi quelle creature popolano i ricordi più solidi dell’infanzia, quando, forse tra l storie della buonanotte, una voce amica ci accarezzava raccontando l’episodio dell’Odissea in cui Omero descrive il loro incontro con Ulisse. Alcuni dettaglia li abbiamo bene impressi nella memoria: la cera con cui l’eroe greco spalma le orecchie dei suoi compagni, per esempio; o le funi che tengono Ulisse saldamente legato all’albero maestro della nave; e, ancora, l’eco di un canto tanto dolce quanto pericoloso, che porta alla morte chiunque lo ascolti. Ma qual era l’argomento di quel canto, e quale, dunque, la risposta alla domanda di Tiberio? È inutile che ci sforziamo di ricordare: Omero non lo dice; né lo dicono i poeti e gli scrittori che dopo di lui si misero a parlare delle Sirene. Solo Ulisse – uno dei pochi mortali sopravvissuti a quell’incontro – poteva saperlo: ma si guardò sempre bene dal riferire a chicchessia ciò che aveva sentito. Ecco dunque spiegata la difficoltà degli esperti consultati dall’imperatore.
A ben pensarci, però, non è questo l’unico particolare che manca all’appello quando pensiamo alle Sirene. C’è almeno un’altra assenza significativa nel racconto di Omero: come erano fatte le Sirene?

 L’autrice: Laura Pepe insegna Diritto greco antico all’Università degli Studi di Milano. Oltre a libri e saggi accademici su diritto penale e diritto di famiglia nell’antichità, ha scritto diversi manuali di storia antica e grammatica latina per la scuola secondaria superiore. Ha pubblicato Atene a processo. Il diritto ateniese attraverso le orazioni giudiziarie (Zanichelli 2019) e Gli eroi bevono vino. Il mondo antico in un bicchiere (Laterza, 2018). Ha curato per il “Corriere della Sera” la collana in 35 volumi “Vita degli antichi” (2020). Collabora come divulgatore scientifico con il canale televisivo Focus.

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