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Scuolaslow è una piazza nella quale incontrarsi, discutere, raccontare le riflessioni, le esperienze, le pratiche intrecciate con l'idea di una scuola slow, vale a dire sottratta...

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lapocalisse-di-lucrezio-4084Politica, religione Amore, di Ivano Dionigi, Raffaello Cortina, Milano, 2023, pp. 208, € 14,00.

 Il libro: «Io annuncio cose inaudite». Con questo messaggio rivoluzionario Lucrezio irrompe nella conservatrice Roma repubblicana del I secolo a.C. Politica, religione e amore sono costruzioni della mente, forme di alienazione e fonti di infelicità: indossano una maschera e nascondono la realtà.
Quale la via d'uscita? Lucrezio non ha dubbi: "la scienza della natura", la quale consente la "rivelazione", quella "apocalisse" che dalle tenebre dell'ignoranza ci porta alla luce della ragione e ci rivela verità rasserenanti: l'aldilà con le sue pene e paure non esiste; un'unica legge governa tutte le cose; l'universo, anzi gli innumerevoli universi stanno in equilibro grazie al bilanciamento di forze uguali e contrarie; il mondo è leggibile perché le singole realtà sono ordinate secondo i principi della scrittura e della grammatica; la forma più nobile di pietas è contemplare il tutto con mente serena.
Capiamo perché il poema La natura, lo scandaloso poema di Lucrezio, a lungo vittima della congiura del silenzio, ha cambiato il volto della cultura europea e parla ancora di noi e a noi.

L’incipit: Di Lucrezio, l’autore del poema La natura (De rerum natura), non sappiamo nulla se non che era vissuto nel pieno I secolo a.C.
Ignorato e sconfessato dai contemporanei, vittima prima di una vera e propria “congiura del silenzio” e poi della testimonianza di san Girolamo (347-420 d.C.) che lo ha voluto suicida per amore, scompare dalla circolazione per oltre un millennio per ricomparire nel 1417, quando nell’abbazia di San Gallo, non molto lontano da Costanza, l’umanista Poggio Bracciolini ritroverà un manoscritto del poema: una scoperta che cambierà la storia e il volto della cultura europea. Una lacuna, questa della biografia e della fortuna antica di Lucrezio, che può rivelarsi paradossalmente una felix culpa, perché ci costringe alla lettura e alla comprensione di un testo assoluto: senza glosse. Come assoluto era il suo autore, le cui parole nulla avevano della cultura di Roma e del suo tempo.

L’autore: Ivano Dionigi è professore emerito di Lingua e Letteratura latina dell’Alma Mater Studiorum di Bologna, di cui è stato Magnifico Rettore dal 2009 a l 2015. È inoltre direttore del Centro studi “La permanenza del classico” r consultore del Dicastero della cultura e dell’educazione della curia romana. Nelle edizioni Raffaello Cortina ha pubblicato Parole che allungano la vita (2020) e L'apocalisse di Lucrezio (2023).

Le recensioni

[…] La complessità della figura, della poesia e della filosofia lucreziana è condensata oggi in un saggio tanto agile quanto accurato di Ivano Dionigi, professore di letteratura e lingua latina all’Università di Bologna, di cui è stato rettore fino al 2015. Appassionato e studioso di Lucrezio fin dagli anni della tesi di laurea, Dionigi sistematizza e affronta in maniera efficace e completa l’enorme sfaccettatura del poema di Lucrezio. […]
Raccontando la storia dell’uomo in una prospettiva evoluzionista, il poeta narra dell’emancipazione dalle superstizioni e dalle credenze arcaiche come riscatto della propria indipendenza e affermazione della propria identità; tutto, però, nell’ottica di un mondo destinato a disgregarsi e sparire in un meccanismo di cui facciamo parte e di cui, dice Lucrezio, non possiamo avere paura. Con perizia, passione e precisione, Dionigi ci conduce alla scoperta del pensiero dell’autore latino mostrandone l’assoluta attualità. 

(Alessandro Mantovani, Il Foglio, 27 marzo 2024)

[…] I temi grandi e drammatici affrontati da Lucrezio sono attualissimi: «Nessuna centralità dell'uomo nell'universo», il valore insostituibile della scienza della natura, l'unica, come aveva insegnato il geniale Epicuro, capace di diradare le tenebre dell'ignoranza e della paura; un'originale concezione della sessualità che anticipa niente meno che quella di Jacques Lacan; e poi, al centro, la «magna quaestio della morte, la quale alimenta la nevrosi del potere economico (avarities) e politico (honorum cupido), e spinge a elevarsi sugli altri e dominarli, causando sciagure e delitti nell'illusione di allungare la propria vita»; senza dimenticare, ovviamente, la magistrale e terribile descrizione della peste di Atene, che preannuncia eventi e situazioni che la recente pandemia ci ha messo drammaticamente dinanzi agli occhi. Con grande competenza e passione, Dionigi accompagna il lettore a comprendere il valore del capolavoro lucreziano e lo fa ponendosi sulla scia dei tanti che si sono confrontati con esso, da Ovidio e Cicerone sino ai giorni nostri. Fra le molte voci da lui ricordate colpisce quella del celebre filosofo francese Henri Bergson, per il quale Lucrezio è «il poeta ... colto ... da una pietà dolorosa per questa umanità che si aggira senza risultato, che lotta senza profitto e che le leggi inflessibili della natura trascinano di forza nell'immenso vortice delle cose».
(Maurizio Schoepflin, Avvenire, 2 dicembre 2023)

[…] Molto interessante è la corrispondenza, in Lucrezio, tra atomi e lettere, tra cosmo e poema, un tema che Dionigi aveva già iniziato a esplorare nel fortunato Lucrezio. Le parole e le cose (Patron editore) del 1988. Il De rerum natura è una cattedrale verbale di più di 7 mila versi, che rivela una «mostruosa regolarità», quasi da cristallo, da poliedro con migliaia di facce, per usare una metafora che lo scrittore russo Osip Mandel'stam applicò alla Divina Commedia. Proprio al parallelismo tra Dante e Lucrezio è dedicata l'appendice del libro, dove Dionigi presenta le affinità elettive tra i due «poeti del cosmo», entrambi visionari, cantori dell'invisibile, senza protettori, apolidi, entrambi scultori di una lingua nuova. Da una raffinata analisi delle figure stilistiche, Dionigi fa emergere l'organicità del capolavoro lucreziano: le simmetrie, le concatenazioni, le ripetizioni testuali, i neologismi (tra gli altri: infinito, clinamen) necessari per annunciare l'assoluta novità di una filosofia emancipatrice. Lucrezio applica alle cose le proprietà delle parole: il cosmo ha un codice grammaticale, scrittura dell'universo e scrittura del poema sono convertibili. Cinque principi sintattici accomunano la natura e la lingua: incontri; movimenti; ordine; posizione; forma. Ad essi si aggiunge il clinamen, la deviazione impercettibile degli atomi, per evitare il determinismo e dare un senso alla libertà. […]

(Telmo Pievani, La Lettura, settimanale del Corriere della sera, 19 novembre 2023)

Dopo aver letto: "L'Apocalisse di Lucrezio. Politica, Religione, Amore", di Ivano Dionigi, Professore Emerito di Lingua e Letteratura latina dell'Università di Bologna, edito da Cortina, mi affretto a consigliare il lettore di leggerlo, non solo per conoscere in maniera approfondita, il "Poema sacro" di Lucrezio, ma per capire cosa si muovesse attorno a una composizione in esametri di oltre settemila versi che ci racconta, a suo modo, le origini dell'Universo, la natura dell'Uomo, dell'Amore, Religione, del Mistero della vita. […]
Sembra che Dionigi conosca a memoria i versi, per la capacità di alternare la parola latina con la traduzione italiana, grazie a una scrittura seduttrice che favorisce la comprensione di un poema senza miti, senza eroi, senza avventure, se non quelle dell'universo e della vita umana, con i suoi sentimenti e le sue passioni. Merito di una metodologia di racconto ricca di accostamenti che rimandano ai classici del passato, da Epicuro a Democrito, Anassagora, per arrivare a Seneca, Cicerone, Plinio, mettendo a confronto il loro concetto di politica, di religione, di amore ed evidenziando lo scarso peso che i romani davano sia agli dei che alla " religio", concepita come instrumentun regni. Per racconta re tutto questo, Lucrezio sceglie la poesia e non la prosa, ritenendola più appropriata a divulgare, non solo le sue idee, ma anche quelle di Epicuro che, a suo tempo, aveva condannato l'uso del verso. […]

(Andrea Bisicchia, Libertà Sicilia, 10 dicembre 2023)

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Grande studio (ambizione) degli uomini mentre sono immaturi, è di  parere uomini fatti, e quando sono uomini fatti, di parere immaturi.   
 
(G. Leopardi, Zibaldone, 16. Settem. 1832).

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